Soldi nascosti, al setaccio conti e beni dei parenti
VENEZIA. La caccia al resto del tesoro continua. Gli uomini della Guardia di Finanza, coordinati dai pm antimafia Paola Tonini e Giovanni Zorzi, hanno iniziato a monitorare i “movimenti” economici di parenti stretti e lontani di Felice Maniero. Ma non solo. Nella lente d’ingrandimento sono finiti anche alcuni suoi amici. Persone insospettabili. Finanzieri del Nucleo di Polizia Valutaria e Dda di Venezia, quindi sono convinti che c’è dell’altro da sequestrare, oltre a quanto ha fatto ritrovare l’ex boss della Mala del Brenta.
Nuovi filoni d’indagine. La Guardia di Finanza sfruttando la legge che consente di monitorare, partendo da operazioni bancarie sospette, i vari conti correnti che stanno alla base di queste operazioni. E quindi anche a chi appartengono. La stessa legge permette di valutare anche i beni delle persone coinvolte. In questo momento la lente di ingrandimento è puntata sui parenti. Come ha già spiegato il giorno del sequestro dei beni il colonnello Roberto Ribaudo, il lavoro di ricerca dei soldi all’estero è ora facilitato rispetto a vent’anni fa. Infatti la Svizzera, il paradiso fiscale per antonomasia, è molto cambiata e offre maggiore collaborazione alle varie autorità degli altri paesi che vogliono sapere dove sia finito il denaro proveniente da attività criminali. Discorso che vale anche per altri paesi. Molte porte si sono aperte.
Lo “stipendio” di Maniero malavitoso. Da decenni si favoleggia sul tesoro di Maniero. La Procura Generale di Venezia, quando lo fa arrestare nel 1998 dopo la condanna passata in giudicato e seguita al pentimento, sostiene che “Faccia d’angelo” ha messo da parte cento miliardi di vecchie lire. Racconta oggi l’ex cognato del boss Giuseppe Pastore: «Maniero non ha fatto la formica e ha messo via tutti i soldi risparmiando e noi abbiamo fatto le cicale. Lui negli anni Ottanta intascava cento milioni al mese, noi centomila lire al giorno. Io ho fatto decine e decine di viaggi, non solo in Toscana, per consegnare a varie persone i soldi da riciclare». Giuseppe Pastore, quando la Dda ha iniziato a indagare su quanto aveva dichiarato l’ex boss della mala, è stato interrogato diverse volte come persona informata sui fatti e ha confermato le dichiarazioni dell’ex capo. Oltre ad essere cognato, i due avevano sposato due sorelle, per diversi anni è stato suo uomo di fiducia.
Un altro mezzo milione di euro. I finanzieri stanno ultimando la catalogazione di quanto trovato nelle abitazioni a cui hanno messo i sigilli in Toscana. Una fortuna fatta di una ventina di orologi in oro, numerosi gioielli, di quadri, oggetti d’arte, lampadari di Murano, mobili di pregio, impianti stereo e televisori. Ad una stima, non ancora ufficializzata da un perito nominato dal Tribunale, gli oggetti hanno un valore che si aggira sul mezzo milione di euro. Ai familiari di Riccardo Di Cicco i pm hanno lasciato alcune migliaia di euro per le spese correnti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia