Sicurezza, Conte a Nordio: «Treviso non è il Bronx. Dal ministro un attacco scomposto»

Il primo cittadino risponde al ministro che aveva definito «inaccettabile» la sicurezza in centro: «Esternazione politicizzata: vedo un cambio di atteggiamento ma io ho le spalle larghe»

Federico de Wolanski
Il sindaco di Treviso, Mario Conte
Il sindaco di Treviso, Mario Conte

«Sono nato in una Treviso che era sicura, bella e vivibile. Oggi la situazione è inaccettabile». Parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenuto due giorni fa dopo gli episodi di criminalità nel capoluogo. Parole pesanti, anche per l’inevitabile risvolto politico.

Il ministro Nordio: «Treviso sicura? Macché: i cittadini hanno paura di passeggiare in centro»
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio

Sua la città, vostro il governo. Sindaco Mario Conte, se l’aspettava?

«Quella di Nordio credo sia stata una esternazione un po’ scomposta e forse politicizzata che fa male a Treviso».

“Forse” politicizzata?

«Treviso non è il Bronx, e mi rifiuto di credere che qualcuno voglia far passare un concetto per conquistare qualche voto in più. Nordio poi conosce perfettamente la realtà dei fatti».

La realtà dei fatti però è anche l’arrembaggio di Fdi ai territori della Lega: la Regione, i comuni, magari anche la sua Treviso, e quindi il suo operato.

«Vedo un cambio di atteggiamento nel partito, e non sarò io a criticare le ambizioni di Fdi. Ma non penso punti ad agitare la piazza per fini politici, sarebbe la fine della politica».

Siete colleghi o concorrenti?

«Alleati».

C’è fiducia?

«Credo di sì, ma ho le spalle larghe, se mi sentirò tradito farò le mie valutazioni. Ma nel caso non tradirebbero tanto me, quando i cittadini che ci hanno affidato la città. A loro rispondiamo, non alla politica».

Ma non ha detto lei di Fdi «famelici», «impreparati», «perdenti», come riportato dalla stampa nazionale?

«Mai. Ho chiesto smentita, magari a qualcuno faceva comodo potessi dirlo».

Le zone rosse ordinate dal Governo, le critiche di Fdi, le parole del ministro. Tre passaggi di cronaca solo degli ultimi giorni. Si sente accerchiato?

«No, forse qualcuno fuori dal consiglio vorrebbe destabilizzare».

Teme sgambetti?

«Nemmeno, ad oggi i voti sono sempre stati all’insegna della lealtà e del bene per la città. La Lega comunque ha una maggioranza forte».

Torniamo a Nordio: una città sempre più in crisi di sicurezza.

«La politica non può scaricare sugli amministratori. A Treviso come in altri Comuni si lavora per la sicurezza, ma si va poco lontano se mancano politica e leggi».

Il boomerang di Nordio?

«Io ho massima stima del ministro, ma le sue dichiarazioni non hanno fatto nemmeno il bene delle forze dell’ordine che quotidianamente lavorano in situazioni difficili e spesso hanno armi spuntate. Ci sono vuoti normativi evidenti. Il ragazzino fermato per la rapina? Aveva già due precedenti, ma era a piede libero. Lo straniero a cui hanno dato il foglio di via? Ne aveva in tasca già cinque ma era ancora qui. I sindaci cosa possono fare se il sistema normativo è fallato?».

Cosa chiede?

«Meno attacchi e più collaborazione. Nordio sa bene di cosa parliamo perché lui stesso ha evidenziato questi problemi in più sedi. Ora servono le soluzioni, chi delinque deve andare in galera, chi non è capace di integrarsi va mandato via».

Ha sentito il ministro?

«No, in compenso mi ha chiamato Piantedosi».

Per cosa?

«Chiarire, capire. Ho le richieste dei sindaci veneti da porgli. Lo vedrò domani (23 gennaio, ndr) alle 11».

Quali sono quindi le richieste?

«Più fondi per la videosorveglianza, più personale per le forze dell’ordine, certezza delle pene, abbassare l’età di punibilità per i reati. Siamo davanti a un problema gigantesco fatto di mancata integrazione e di una sovrapposizione culturale che sta creando moltissime persone non inserite, soprattutto giovani. Parlano i fatti: otto fermati su dieci sono ragazzi stranieri. Gentilini (ex sindaco sceriffo di Treviso, ndr) dice che dopo di lui c’è stato lassismo, ed è vero: lassismo nella gestione dei reati e nella gestione dell’immigrazione».

Lei ha sempre proposto progetti di integrazione coinvolgendo le scuole. Non ci crede più?

«Dico che nella situazione in cui siamo oggi servono, ma prima di tutto serve che il sistema punitivo funzioni e faccia capire che non si può tutto».

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