Sicurezza idraulica in Veneto, l’allarme degli ingegneri: «Queste piogge mettono in crisi le basi»

Paolo Gasparetto, presidente della Federazione regionale degli Ingegneri: «Applichiamo il Piano Alluvioni, perché le statistiche sulla piovosità del passato non sono più attendibili e la sicurezza dei vecchi modelli non è più garantita»

Enrico Ferro
Paolo Gasparetto, presidente degli Ingegneri del veneto e gli effetti dell'alluvione che ha colpito il veneto nel 2010
Paolo Gasparetto, presidente degli Ingegneri del veneto e gli effetti dell'alluvione che ha colpito il veneto nel 2010

Paolo Gasparetto, è il presidente della Federazione degli ingegneri del Veneto.

Lei ha lanciato un appello a usare il Pgra, il Piano per la Gestione del Rischio Alluvioni, per la corretta gestione dello sviluppo del territorio in sicurezza idraulica. Come mai l’ha fatto?

«È il piano obbligatorio che noi progettisti dobbiamo applicare ai nostri progetti. Consiste nel progettare in aree sicure o comunque in quote che non siano influenzate da eventuali alluvioni. Prevede di costruire in sicurezza e prevenire i danni in caso di alluvionamento».

Ma perché un pubblico appello?

«Siccome non si può vietare di costruire in tutta la pianura Padana, dico semplicemente: applichiamolo».

Perché, non viene applicato?

«È vincolante ma è molto complesso, percepisco questa difficoltà e quindi mi va di ricordarlo. Gli eventi atmosferici di questi giorni in Emilia Romagna hanno dimostrato ancora una volta i pericoli derivanti da un uso sbagliato del territorio: la prevenzione, in campo idrogeologico così come in quello antisismico, risulta essere l’elemento fondamentale per la mitigazione del rischio e la riduzione dei danni».

Cosa intende per uso sbagliato del territorio?

«La prevenzione si fa sempre partendo da monte. Io devo mettere in sicurezza tutto, a partire dalla parte montana. Perché è da lì che nascono i nostri fumi e canali. Serve pianificazione, c’è bisogno di tante risorse.

E poi se guardo le edificazioni negli anni, non tutte sono state fatte pensando a quelli che potevano essere i rischi. Le emergenze sono tali da mettere in crisi le basi della nostra progettazione idraulica».

Cosa vuol dire?

«Le analisi statistiche della piovosità e gli effetti sulla rete idrologica, basati sui modelli storici, non sono più attendibili.

Queste piovosità non hanno una corrispondenza storica e quindi nell’analisi statistica non possono più essere prese in considerazione. La progettualità fatta finora non è sbagliata ma anni fa ciò che succede ora non c’era».

Qual è, secondo lei, la soluzione per limitare i rischi?

«La prevenzione. Costa ma sicuramente meno di andare poi a riparare i problemi derivanti dalle crisi idrauliche».

Chi dovrebbe farla?

«È una questione politica, di prevenzione del territorio».

In Veneto ci sono zone in cui potrebbe verificarsi ciò che è successo in Emilia Romagna?

«Ce ne sono tante ma è meglio non indicarle. Negli anni passati abbiamo visto cos’è successo a Vicenza e Padova. Sono state fatte delle opere a valle di quelle criticità. Io penso che nel complesso siamo abbastanza tranquilli, ma gli eventi sono talmente in evoluzione come intensità, che siamo obbligati a stare costantemente in allerta e aggiornamento».

In Emilia Romagna c’è chi accusa la Regione di non aver realizzato le casse di espansione. Qual è la situazione del Veneto?

«In Veneto è stato fatto un piano e si stanno realizzando. Sono delle aree accanto ai fiumi e ai canali, che vengono allagate artificialmente in occasione di eventi estremi. L’onda di piena va a finire nelle casse di espansione. A Caldogno (Vicenza) è stata realizzata una delle ultime».

Com’è lo stato di salute dei nostri argini?

«Gli argini del Po e dell’Adige non hanno particolari problemi. Localmente c’è qualche criticità nelle reti minori ma i due grandi fiumi sono a posto».

Si può continuare a dare permessi di costruire?

«Sì, seguendo il Pgra e l’invarianza idraulica: se costruisco da una parte, devo rendere permeabile altrove. Un metro quadro per un metro quadro».

Qual è il vostro ruolo in questo contesto?

«Noi dobbiamo formare i nostri in modo che vengano applicati i criteri corretti. Serve un approccio sempre più integrato. Bisogna strutturare gli eventi e saperli interpretare. Il Pgra è lo strumento per la corretta gestione dello sviluppo del territorio in sicurezza idraulica.

Sono stati organizzati e saranno organizzati momenti di approfondimento e confronto non solo con i professionisti, ma anche con i Comuni e gli enti territoriali. In modo da sensibilizzare tutti gli attori coinvolti nello sviluppo territoriale».

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