«Sì, convocherò il tavolo per Marghera»
«Troviamo un soggetto forte per risanare e rilanciare l’area produttiva»
Il governatore del Veneto, Giancarlo Galan, apre al sindaco Cacciari e si dice pronto a convocare un «tavolo» istituzionale per trovare il modo di trasformare la crisi che attanaglia la più grande area industriale d’Italia, affacciata sulla laguna di Venezia ma gravemente inquinata e in crisi. Duemila ettari di terreni e canali, in gran parte abbandonati dalle industrie e ancora in attesa di investitori interessati a bonificarle e farle diventare, come dice il presidente della giunta regionale del Veneto, «un nuovo motore per l’economia del Veneto e di tutto il nord Italia».
E’ arrivata l’ora di metter mano a Porto Marghera?
«Quando penso ai lavoratori chimici che perdono il posto mi preoccupo e mi viene da piangere se penso che non hanno più un futuro, a meno che non si cominci una nuova era».
Da oltre un decennio si dice che bisogna fare le bonifiche e avviare nuove attività, ma non s’è fatto.
«Se c’è l’accordo e la volontà si può fare. Dobbiamo sedersi attorno ad un tavolo e trovare una soluzione, come si è fatto con il Master Plan che indica la strada per le bonifiche. Si tratta di una grande opera di risanamento e sviluppo che per essere realizzata ha bisogno di un soggetto forte. Un’impresa del genere non si affronta in modo sparso, ognuno per proprio conto e secondo le sue aspirazioni.
Un’impresa impossibile?
«Il Veneto è abituato ai grovigli burocratici e amministrativi sa reagire. Lo abbiamo già fatto per il Passante di Mestre e ci siamo riusciti. Certo, a Porto Marghera ci troviamo di fronte ad uno straordinario groviglio di leggi e di competenze, con un numero di soggetti davvero rilevante, si va dalla Regione al Comune e alla Provincia, i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo, delle Infrastrutture e il Governo stesso, l’Autorità Portuale, il Magistrato alle Acque, l’Arpav. Poi ci sono i proprietari delle aree, pubblici e privati come l’Eni».
Ci vuole un altro commissario straordinario o è meglio un’agenzia?
«Quel che importa non è il nome, bensì discutere, elaborare insieme un piano e creare un soggetto forte con un percorso da seguire e pieni poteri. Tutti potranno suggerire una soluzione, ma senza fare propaganda elettorale, come stanno facendo il Comune e la Provincia di Venezia che illudono i lavoratori chimici. Io, a questi lavoratori dico che il futuro delle aziende in cui lavorano è assai incerto e per molti non c’è già più».
Chiudere la chimica?
«Sono le condizioni del mercato mondiale a decidere, noi non di certo, anche se qualcuno continua ad accusare me e Gianfranco Bettin, che sa guardare oltre, come me. Basta vedere una grande multinazionale del pvc come Ineos, fallita proprio a Porto Marghera. Ora c’è un imprenditore come Fiorenzo Sartor, che sta cercando di salvare impianti e posti di lavoro, ma non possiamo nasconderci che questa chimica resta in profonda crisi. Bisogna creare altre opportunità di sviluppo. Ai lavoratori dico, sono solidale con voi e farò di tutto per aiutarvi, ma decidiamo insieme il futuro e determiniamolo, non si può continuare a subire un futuro che vuole a tutti i costi perpetuare il passato».
Però di nuove opportunità per ora non se ne vedono.
«Capisco la loro angoscia, ma non saranno abbandonati e fintanto noi si lavorerà sodo per creare nuove opportunità a Porto Marghera, nuove industrie ma non solo. Per chi perderà il posto ci sono gli ammortizzatori sociali e verrà inserito in un percorso di formazione professionale per essere poi inseriti nelle nuove attività che sorgeranno nelle aree liberate e bonificate».
Lei sogna troppo.
«E’ già successo col parco tecnologico e scientifico Vega e i suoi laboratori e distretti. Il Vega è un avamposto del futuro nato e cresciuto su aree che erano inquinate e abbandonate, per decisione e con una gestione che accomuna Regione, Provincia e Comune, Università ed Eni. Se si sceglie la politica del fare, e non del disfare, possiamo fare ancor meglio per tutte le altre attività possibili, che sono molte in un’area così grande ben servita dalle infrastrutture e in una posizione strategica nel cuore dell’Europa, affacciata sulla magnifica laguna di Venezia che tutti ci invidiano».
Mano libera alla speculazione sulle aree?
«La speculazione non c’entra, io parlo di un sogno che si può realizzare se si lascia alle spalle un vecchio modo di fare industria. Ci vuole il coraggio di pensare in grande come hanno fatto in Germania, Gran Bretagna e Spagna, dove hanno programmato la dismissione di grandi aree industriali in crisi, le hanno bonificate e hanno creato nuove attività».
Dove troverete le risorse?
«Bisogna pensare in grande, con una visione ampia. Basta col caos e la paralisi sul passato, usiamo raziocinio e programmazione. Le risorse possiamo trovarle, se si lavora con giudizio, cogliendo tutte le occasioni che ci sono. Perché, per esempio, non pensare a un nostro coinvolgimento per l’Expo di Milano del 2015, un’occasione che noi abbiamo perso ma possiamo recuperare, proponendo di comprendere Porto Marghera come un grande polmone logistico per trasporti marittimi, aerei, ferroviari e stradali che possono dare ossigeno a tutto il Nordest ma anche alla vicina Lombardia».
Ha già fissato una data e il luogo per il tavolo per Porto Marghera?
«Quello si convoca in 24 ore, ma prima dobbiamo capirci. Ci ho già provato, ma ognuno ha continuato a fare a modo suo. Ora mi sembra sia maturata una coscienza collettiva che chiede un cambiamento per Porto Marghera. Se il sindaco Cacciari è pronto a lavorare insieme per dar corpo a questo sogno lo dica apertamente e anche gli altri interessati diano il loro contributo al dibattito come sto facendo io con questa intervista. Se troviamo un accordo tra istituzioni e con le parti sociali, saremo più forti per farci sentire a Roma e potremo ottenere dei risultati. Come è successo per il piano casa, frutto della nostra proposta, rispettosa del paesaggio e dei beni culturali delle nostre città e campagne. C’è stato un accordo condiviso da tutte le regioni italiane e dal Governo, perché mai non dovremmo metterci d’accordo anche noi, tra veneti».
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