Sartor ci ripensa e firma l'accordo
Montefibre chiude gli impianti: 290 lavoratori restano senza lavoro
MESTRE.
Un’altra giornata di ordinaria schizofrenia per la chimica di Porto Marghera. L’imprenditore trevigiano, Fiorenzo Sartor, dopo la rottura di venerdì è tornato ieri a Milano per firmare l’accordo (non ancora definitivo) con Ineos per l’acquisizione degli impianti del pvc. Intanto Montefibre ha formalizzato la decisione di chiudere gli impianti italiani di fibre acriliche e si prepara a mettere in cassa integrazione straordinaria i 290 dipendenti di Marghera e 30 impiegati a Milano. Per affrontare la nuova emergenza si riuniranno, il 7 aprile il «tavolo regionale per Porto Marghera» e successivamente il consiglio comunale in seduta straordinaria.
Ennesimo colpo di scena sul fronte della «chimica del cloro», uno dei settori che più risentono della crisi economica internazionale e in «profondo rosso» a Porto Marghera, tanto da aver portato la società italiana di Ineos - prima multinazionale europea del pvc - sull’orlo del fallimento. Le pressioni di ministri e amministratori locali hanno convinto Sartor a rivedere la sua decisione di gettare la spugna e non acquisire più gli impianti di Ineos.
La rottura di venerdì.
Nella giornata di venerdì scorso, infatti, dopo otto mesi di trattative tra i rappresentanti di Ineos Vinyls Italia e il titolare di Safi srl, Fiorenzo Sartor, si è consumata una rottura che sembrava definitiva. Un «divorzio» che s’era consumato ancor prima della celebrazione del «matrimonio» che doveva sancire il passaggio degli impianti di Ineos di Porto Marghera, Ravenna e Porto Torres all’imprenditore trevigiano, specializzato in impalcature e montaggi meccanici. Per Ineos «le motivazioni» addotte da Sartor erano «incomprensibili», mentre per quest’ultimo «le trattative sono state interrotte a causa esclusiva del comportamento dei soci inglesi di Ineos che hanno preteso la firma di un importante contratto collegato con contenuti economici diversi» da quanto concordato il 31/12/2008.
Il ripensamento.
Dopo questa drammatica rottura, alcuni uomini del ministero dello Sviluppo e, a quanto si dice, della stessa presidenza del Consiglio, hanno convinto - nel corso del fine settimana - l’imprenditore trevigiano a tornare sui suoi passi. Così, ieri mattina, dopo una lunga telefonata tra i suoi legali e quelli di Ineos, è stato deciso di rinviare l’incontro convocato d’urgenza dal ministero, per ritrovarsi di nuovo a Milano e ripartire da dove venerdì si era giunti alla rottura. Sartor è arrivato a Milano nel pomeriggio e verso sera ha confermato di aver firmato un «atto preliminare» che nella giornata di oggi dovrebbe essere «messo a punto in tutti i suoi aspetti, compresi quelli bancari». Sempre oggi, quindi, ci dovrebbe essere la firma dell’atto vero e proprio di compra-vendita, davanti al notaio, già atteso da settimane. La buona notizia è stata accolta con molta prudenza dai sindacati dei chimici. «Ci risulta che la rottura di venerdì sia stata superata - ha commentato Maurizio Don della Uilcem - Tutto ciò riporta un po’ di ottimismo tra i lavoratori, ma visti i precedenti aspettiamo di vedere la firma definitiva di Sartor e Ineos sull’accordo». Prudente anche Franco Baldan della Filcem-Cgil: «È un primo risultato che ora deve essere ufficializzato, poi ci sarà la prova dei fatti sul piano industriale e l’applicazione degli impregni sottoscritti nell’Intesa del 2006 al ministero».
Lo stop di Montefibre.
La cattiva notizia di ieri è che Montefibre spa ha confermato la chiusura dei suoi impianti italiani, con la messa in cassa integrazione straordinaria dei 290 dipendenti di Porto Marghera a partire dal prossimo 6 aprile. La decisione, irrevocabile, è stata formalizzata dal consiglio di amministrazione riunitosi a Milano venerdì scorso per approvare il bilancio consuntivo del 2008 che registra una perdita di 75 milioni di euro e un indebitamento finanziario di quasi 53,7 milioni di euro. Un bilancio da «record» negativo che, secondo gli azionisti di Montefibre - controllata a maggioranza dal gruppo tessile Orlandi - verrà risanato con la chiusura degli impianti e la vendita delle aree.
Il no dei sindacati.
Una decisione alla quale si oppongono fermamente i sindacati dei lavoratori che ieri sono stati ascoltati in muncipio dalla IX Commissione che ora chiederà la convocazione di un consiglio comunale straordinario, da tenersi dopo la prevista riunione - il 7 aprile a Mestre - del «tavolo» per Porto Marghera con sindacati, Comune, Provincia, Regione e Confindustria.
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