"Salviamo l’Alcoa". In 200 a Roma
Oggi il corteo degli operai mentre al Ministero si svolge un vertice. "Pronti a occupare la fabbrica"
MARGHERA.
Duecento operai dello stabilimento Alcoa di Fusina oggi alle 11 saranno a Roma per manifestare insieme ai loro colleghi sardi davanti al ministero dello Sviluppo economico e gridare: «Salviamo le produzioni e i posti di lavoro». Il presidio avverrà mentre negli uffici del ministro Scajola si terrà il tavolo nazionale con i vertici dell’azienda, i sindacati e le istituzioni venete e sarde.
Mentre il sindaco Massimo Cacciari l’altro giorno aveva scritto un appello al governo per il salvataggio di Alcoa, firmato anche dalla Provincia, dai parlamentari veneziani e dai consiglieri regionali del centrosinistra, ieri si è alzata anche la voce del presidente della Regione Giancarlo Galan: «Nessuno sarà lasciato solo - ha detto, citando il presidente del Consiglio, Berlusconi - Ci troviamo di fronte ad un fatto scandaloso e inaccettabile. Non è possibile neppure immaginare che sia messo a rischio il posto di lavoro di oltre 400 dipendenti ai quali dobbiamo aggiungere un indotto significativo. È questo che ho incaricato di dire all’assessore Sartor a Roma. L’alluminio, la produzione dell’Alcoa, è materiale utilizzato da molte aziende operanti in Veneto, ecco perché non si tratta solo di Alcoa». Il Governatore. Galan, inoltre, è entrato nel merito del problema che ha portato l’azienda a decidere la chiusura degli impianti dell’alluminio primario: il costo dell’energia elettrica in Italia è doppio rispetto a quello dei partner europei. «La nostra Regione - sostiene Galan - ha fatto è farà ancor di più per le risorse energetiche, ma l’approvvigionamento energetico è questione che va risolta in orizzonti purtroppo trascurati ormai da decenni in Italia. C’è bisogno di più e di altro per affrontare i costi di imprese industriali quali Alcoa. Ma di questo si parlerà in altra sede, ora conta impedire il misfatto di una chiusura dello stabilimento di Fusina».
Delegazione. Torniamo ai lavoratori. Sono partiti alle 3.45 di notte, a bordo di 4 pullman. Nutrita anche la delegazione istituzionale: la Regione si schiera con tre rappresentanti (il vicepresidente della giunta veneta Franco Manzato, gli assessori Vendemiano Sartor e Renzo Marangon), per il Comune c’è l’assessore Laura Fincato e per la Provincia l’assessore Paolino D’Anna.
Le testimonianze. Elio Zancanaro, 48 anni, una moglie che non lavora e due figlie, tuona: «Manifestare oggi è un dovere e se il tavolo nazionale non porterà soluzioni occuperemo la fabbrica. Nel nostro stabilimento i lavoratori hanno dai 30 ai 50 anni, non c’è nessuno che possa andare in prepensionamento e le possibilità di ricollocamento, data la crisi, sono inesistenti. Difenderemo con i denti la fabbrica».
«Sono 10 anni - spiega Alessandro Ottobre, 40 anni, anche lui a capo di una famiglia monoreddito (moglie e due figli) - che si discute di abbassare i costi dell’energia elettrica che in Italia penalizzano le produzioni energivore, come quella dell’allumino primario ma non è mai stata trovata una soluzione. Se non si farà in fretta sarà la fine».
La paura. Ma non temete che la minacciata occupazione degli stabilimenti di Fusina potrebbe mettere lavoratori contro lavoratori (i 125 lavoratori del primario che dovrà chiudere contro i 300 del laminatoio)? «Gli operai del laminatoio - replica Francesco Sedda, 33 anni, di Carbonia - sanno che se chiude il primario non ci saranno più possibilità nemmeno per loro». Che impressioni vi hanno fatto i politici, durante l’assemblea in fabbrica? «Hanno fatto tutti la loro passerella - risponde Giancarlo Penzo, 37 anni - vedremo poi se alle parole seguiranno i fatti».
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