Quel monumento che divide Mirano

«Via dalla piazza la statua del partigiano». Ma parte di An isola Lorenzon
MIRANO.
Viviani Lorenzon, sanguigno consigliere capogruppo di An sa di aver dato fuoco alle polveri. La sua proposta di sostare il monumento del partigiano da piazza Martiri ha scatenato il putiferio. «Perché poi? - si chiede - ho solo proposto di istituire un viale della memoria e di mettere lì il monumento del partigiano. A me piace una piazza con Vittorio Emanuele II, com’era prima, perché identifica l’unità d’Italia». Più contrari che favorevoli in città, anche se non mancano le sponsorizzazioni all’idea di una diversa collocazione del simbolo della Resistenza.


Nel partito. I contrari che non ti aspetti sono gli stessi compagni di partito di Lorenzon. An, che alla faccia del Pdl qui si chiama ancora «Alleanza per Mirano». «Il partito non ha mai messo in discussione la collocazione attuale del monumento - afferma il presidente locale Livio Belmonte - prendiamo le distanze dalle dichiarazioni del tutto personali di Lorenzon, ritenendole assurde e fuori luogo: l’argomento non è mai stato oggetto di discussione». Sulla stessa posizione anche l’assessore di An Luigi Corò e la presidente dei «300» Elisabetta Bonato. In soccorso di Lorenzon arriva però il circolo provinciale. «Ha solo lanciato un sasso - commenta Moreno Teso - non vedo tutta questa polemica. Lorenzon ha proposto di spostare una statua, mica di eliminarla. Allora sì sarebbe stato uno scandalo. Credo che in questa idea ci sia la voglia di aprire una discussione».


Lasciamolo lì. Maria Elena Tomat (Sinistra e libertà), figlia del partigiano Bruno Tomat, molto conosciuto in città, è allibita: «La piazza di Mirano, per chi non avesse memoria, è dedicata ai Martiri della Libertà, perché la sera dell’11 dicembre 1944 vi furono trucidati sei giovani partigiani. Si opponevano al regime fascista in nome della libertà, un valore che oggi ci dovrebbe tutti accomunare, senza distinzione politica. A meno che non si voglia tessere le lodi del totalitarismo: negare il valore della Resistenza significa negarne i principi ispiratori. A Mirano ci furono partigiani cattolici, socialisti, comunisti e del Partito d’azione: il monumento li celebra tutti». Contrario ad ogni ipotesi di traslazione anche Giorgio Sticchi impegnato da sempre a tener viva la memoria in città, soprattutto nelle scuole. «Quel monumento - afferma - è pretesto per studi e ricerche. Non si può cambiare la storia, in questa piazza sono successi dei fatti, una statua può servire come la pagina di un libro».


Pensiamoci. Il sindaco Roberto Cappelletto si dice «personalmente contrario» al trasferimento del monumento, ma riconosce a Lorenzon il merito di aver posto la questione. «Fare una riflessione sull’ideale collocazione dei monumenti - dice - è un’idea che si può praticare: va fatta però sentendo tutte le anime della città, compresi i partiti di minoranza e le associazioni dei partigiani». Tra le voci storiche e illustri della piazza c’è quella di Paolo Cavallari, membro della famiglia che per 120 anni ha gestito il caffè «Re d’Italia». «Quando negli anni Settanta si decise di togliere il monumento a Vittorio Emanuele per collocare lì il partigiano di bronzo - afferma - non furono tutti favorevoli. A molti pareva una scelta affrettata. In viale delle Rimembranze, che è dedicato proprio al ricordo, il partigiano starebbe bene, magari proprio accanto al monumento ai caduti. La politica di tornare agli arredi urbani storici di una città è una cosa seria e qui, una volta, c’era il re, simbolo di unità».

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia