Professionista truffa milioni ai clienti

Wilder Milan intascava i soldi ricevuti per pagare i contributi
C’è un noto pizzaiolo che gli chiede conto di centosessantamila euro. Mentre due noti avvocati, marito e moglie, lo hanno denunciato per averli truffati per duecentomila euro. E come loro almeno altri cento tra liberi professionisti, commercianti e artigiani sono rimasti vittime del dottor Wilder Milan, con studio in via Caneve. L’uomo è accusato dai suoi ex clienti di essersi tenuto i soldi che loro versavano per pagare i contributi, tasse e altro che lo Stato chiede ai lavoratori autonomi. Wilder Milan, noto in città per essere figlio di commercialista e di avere sposato la sorella di Deborah Caprioglio, è finito in un tunnel la cui uscita è molto complicata.


Anche perchè da quanto hanno ricostruito le sue vittime avrebbe cominciato a compiere le truffe una ventina di anni fa. E per sistemare le prime ne ha fatte di nuove. E per lui è stato un crescendo. E così ha dato vita ad una catena di Sant’Antonio che ad un certo punto si è rotta e nel suo studio c’è stata la processione delle prime vittime con le cartelle esattoriali tramite le quali l’allora Gerico passava a riscuotere quanto ritenuto non versato. In alcuni casi Milan è riuscito a tamponare la situzione in maniera più o meno lecita. Soluzioni durate qualche mese. Poi le truffe sono emerse come un fiume in piena. Una, due, tre, quattro, dieci, cento e così via.


Di sicuro ci sono, fino ad ora, oltre cento vittime che hanno deciso di rivolgersi alla magistratura. Già la coppia di avvocati ha presentato una querela in Procura. Altri si sono affidati a legali di fiducia. «Ad accorgersi della vicena è stato mio cognato Giancarlo. Un giorno Milan che chiede di pagare una cartella per dei contributi che Giancarlo ricordava essere stata pagata. Naturalmente lo ha spiegato al dottor Milan sicuro di quanto diceva. Lì sono nati i primi sospetti», racconta Romolo Nadai, titolare della pizzeria «Ca’ Noghera» di Tessera e che con il cognato Giancarlo Pangoni ha gestito fino a cinque anni fa la storica pizzeria «Antica Torre», sempre a Tessera. I due cognati sono vittime dell’amico Milan. Infatti da anni sono loro clienti, prima del padre e poi di lui.


«Lui non ha saputo dare una risposta credibile a Giancarlo. Quindi mio cognato tornato a casa si è messo a controllare bene i vari pagamenti e sono cominciati ad uscire i problemi. E non pochi. Fino al 2004 siamo rimasti in società nel gestire la pizzeria Antica Torre, ebbene siamo riusciti a ricostruire che dal 1994 al 2004 ci ha truffato ben 160mila euro». Quando la vicenda comincia a diventare di dominio pubblico il passaparola tra i clienti di Milan è molto veloce. Ma sono pochi quelli che ammettono di essere rimasti vittime. Tutti dicono: ma no io no. Figuriamoci se mi ha truffato». Ma è solo una questione di pudore per non ammettere che quanto versato, non era stato usato per pagare contributi e imposte varie, ma Milan lo aveva semlicemente intascato.


Ma è solo negli ultimi tempi, poco prima che Milan decidesse di chiudere la vecchia società, che i truffati hanno iniziato ad incontrarsi sotto lo studio di via Caneve. «Ad esempio c’è un artigiano che a causa della truffa si è visto ipotecata la casa, bloccato amministrativamente camioncino e auto. Quindi oltre alla beffa di aver versato quei soldi non solo li ha persi, ma non può nemmeno più lavorare visto che i due automezzi non possono circolare», racconta Nadai da una vita residente a Mestre. «Pensare che sono suo cliente da almeno trent’anni. Per il momento abbiamo scoperto solo la truffa riguardante gli ultimi dieci anni. Chissà quando arriveranno le cartelle degli altri anni che per ora non siamo riusciti a ricostruire.


Quando gli abbiamo chiesto il motivo perchè si tenesse i soldi, ci ha risposto che ne aveva bisogno. Chissà quanti se ne è tenuti. Anche perchè quando calcolava il dovuto da pagare aumentava la cifra a suo piacimento. Quindi non solo non versava i soldi da pagare ma ci fregava più denaro di quanto servisse per pagare i contributi», conclude Nadai. «Recentemente non si fa più trovare. Penso che solo per le cento persone che io conosco la truffa sfiori alcuni milioni di euro». Ma considerata la lunga storia dello studio chissà quanto lunga sarà la fila dei truffati.

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