PETROLIOCinquanta pozzi in Alto Adriatico "Rischio disastro ambientale in laguna"
Interrogazione del senatore del Pd Luigi Zanda, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova: "Vogliamo che il governo renda noti al Parlamento i piani di sicurezza e le tecniche utilizzate per l’estrazione di idrocarburi nel medio alto Adriatico"

VENEZIA
Un disastro ambientale che potrebbe succedere anche in Adriatico. Con conseguenze ancora più gravi visti i bassi fondali e le correnti che portano in laguna. Non è «affare di altri» l’incidente occorso a una piattaforma petrolifera della Bp nel Golfo del Messico. Solo nell’Alto Adriatico le piattaforme attive per il petrolio sono cinquanta, 940 i pozzi per l’estrazione di gas metano. Un rischio reale, a cui si aggiunge la prospettiva di aumento del numero delle piattaforme.
Anche la profondità di estrazione passerebbe da 180 a 500 metri di profondità. Le piattaforme in mare scaricano sui fondali il 10 per cento del totale dell’inquinamento marino da idrocarburi. E il mare Adriatico risulta uno dei più inquinati, con una densità di «catrame pelagico» superiore a quello degli altri mari, 38 milligrammi per metro quadrato.
Il senatore del Pd Luigi Zanda ha presentato ieri una interrogazione in Parlamento. «Vogliamo che il governo renda noti al Parlamento i piani di sicurezza», scrive Zanda, per anni in laguna negli anni Novanta come presidente del Consorzio Venezia Nuova, «e le tecniche utilizzate per l’estrazione di idrocarburi nel medio alto Adriatico». Zanda chiede anche di sapere «se il governo intenda escludere in modo tassativo e senza eccezione alcuna il rilascio di nuove autorizzazioni di prospezione e ricerca». Che potrebbero interessare la laguna, ma anche il delta del Po e le coste della Croazia. Infine, «se intenda evitare, alla luce del recente disastro ambientale del Golfo del Messico, il rilascio di autorizzazioni su giacimnenti con profondità superiori a quelle attuali, visto che in caso di incidente sono causa di gravi disastri ambientali, assolutamente insostenibili per il mare Adriatico».
Un mare «chiuso», ricorda il senatore, più a rischio di altri ecosistenmi anche per la questione della subsidenza. Un problema da tempo all’attenzione della politica, quello dei petroli.
La prima Legge Speciale, la 798 del 1973, aveva previsto l’estromissione delle petroliere dalla laguna. Ma il progetto non è mai andato avanti. Ora rilanciato con una «grande opera in mare», banchine rigide che secondo gli ambientalisti sono ancora più pericolose e aumentano il rischio di incidente. Meglio un oleodotto con strutture «leggere» in alto mare. Poi ci sono le piattaforme, potenziali bombe ecologiche dalle conseguenze inimmaginabili. «Per bloccare subito le fuoriuscite», dice Ferruccio Falconi, ex capo dei piloti del porto, «occorre realizzare grandi navi Rec-oil in grado di intervenire in grande scala. Un’idea che abbiamo lanciato 20 anni fa ma che nessuno ha mai raccolto».
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia
Leggi anche
Video