Per uscirne serve la strategia dei piccoli passi

Don Luca Facco, Caritas: «Chi è in strada non pensa a casa e lavoro perché ha altri disagi»
b BARON - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - PAPA LUCIANI, CENA DI SANTA LUCIA.QUESTORE GIANFRANCO BERNABEI
b BARON - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - PAPA LUCIANI, CENA DI SANTA LUCIA.QUESTORE GIANFRANCO BERNABEI

PADOVA. Settantatré realtà che si occupano di poveri si sono raccolte a palazzo Moroni per raccontarsi e per confrontarsi rispetto ai “Cantieri di carità e giustizia”. La scelta del luogo non è casuale.

«Il passaggio dal Comune è necessario», ha spiegato il vescovo, don Claudio Cipolla, «perché si passi dalla carità alla giustizia, per riconoscere i diritti delle persone che sono in difficoltà. Pertanto l’incontro a palazzo Moroni è simbolico: è necessario il passaggio dalle nostre realtà a quelle del Comune in vista di un progetto di città e non solo delle emergenze».

Don Claudio parla direttamente alla politica: «Finora abbiamo assistito a molte urla che hanno riguardato gli immigrati e i poveri», scandisce il vescovo, «ma, presi da un certo dibattito ad alto volume, non abbiamo percepito i sussurri delle persone che stanno scivolando nella condizione di indigenza. Queste persone, prima di bussare a qualsiasi porta, tirano fuori tutta la loro dignità e mettono in campo tutte le loro forze. Noi ci mettiamo a disposizione per promuovere un’attenzione più rispettosa, in una città dalla storia stupenda verso i poveri». Con queste premesse nasce la filosofia dei Cantieri di giustizia, che significa principalmente coinvolgere le persone aiutate nel percorso di recupero delle marginalità.

Un esempio su tutti è il progetto di “Housing first”: appartamenti condivisi da persone senza casa con il supporto di un operatore. L’intuizione nasce a Lisbona, in città è arrivata tre anni fa grazie alla Caritas e alla disponibilità di alcune parrocchie. Ad oggi gli appartamenti sono quattro, ognuno ospita tre o quattro persone (solo uomini) e le chiese che hanno messo a disposizione gli alloggi sono due parrocchie dell’Arcella (San Bellino e Santissima Trinità) e una del centro (Carmine). «L’obiettivo», racconta don Luca Facco, direttore della Caritas diocesana, «è affrontare l'accoglienza attraverso piccoli passi. Prima la strada, poi il dormitorio, quindi la prima accoglienza con il supporto di un operatore e, infine, lo sgancio, sempre insieme a un operatore. La casa viene data subito, non per merito. La persona deve occuparsi della proprio igiene, deve farsi da mangiare, deve sistemarsi il letto; non ghetti ma alloggi in un condominio, in un quartiere. Al massimo abbiamo gestito dodici persone e oggi sono tanti gli ospiti usciti che hanno una loro casa. Vogliamo proporre questo modello al Comune, con una consapevolezza: la difficoltà maggiore per chi finisce in strada non è aver perso il lavoro o la casa, questi spesso sono sintomi di un disagio più profondo e interiore. Per questo i nostri operatori mangiano con i poveri, siedono allo stesso divano e recuperano prima di tutto una relazione con loro». (e.sci.)

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