Il Patto per il Nord piace al Veneto, fioccano le adesioni dei big leghisti
Il dissenso leghista guidato da Massimiliano Romeo in Lombardia e Roberto Marcato in Veneto rilancia il tema dell’autonomia e dei valori tradizionali del Nord. Ecco i nomi dei big della Lega che stanno aderendo
Nel drammatico 1944 Pietro Nenni invocava il vento del Nord socialista e resistenziale, oggi il dissenso leghista confida in una folata impetuosa capace di travolgere il nazionalismo populista coltivato da Matteo Salvini.
Fuor di metafora, il Patto del nord lanciato da Massimiliano Romeo, il capogruppo dei senatori e neo segretario lombardo, raccoglie ampi consensi nel partito veneto, che nella perdurante questione settentrionale individua la ragion d’essere di una forza a vocazione popolare e identitaria, intimamente alternativa alla destra e alla sinistra.
Tutt’altro che una congiura di palazzo, allora. E neppure un’ordinaria scommessa correntizia in vista del congresso federale di febbraio.
Il progetto politico
Piuttosto, un moto spontaneo e diffuso che trova in Roberto “Bulldog” Marcato il portabandiera naturale e – la notizia rimbalza in questi giorni nelle chat riservate – miete adesioni crescenti tra i militanti e gli amministratori, i dirigenti e gli stessi parlamentari.
I volti? L’elenco è fitto. A cominciare dal team di assessori di Luca Zaia (“La Liga viene prima della Lega”, il suo mantra), dove spiccano veterani quali l’“elettrico” Gianpaolo Bottacin, Federico Caner e Francesco Calzavara.
E poi i consiglieri regionali: dal presidente dell’assemblea legislativa Roberto Ciambetti a Luciano Sandonà, da Roberta Vianello al figliol prodigo Gabriele Michieletto, fino a Marzio Favero, il filosofo di Montebelluna prestato alla politica che sostiene la battaglia federalista con intensità pari all’allergia verso il lepenismo e il generale-eurodeputato Roberto Vannacci.
Rinfrancato il venetista di lungo corso Marino Finozzi (orientato a tornare all’ovile dopo lo strappo consumato in dissenso con la linea impressa dal Capitano), folto il drappello dei sindaci. Che include, tra gli altri, Marcello Bano (Noventa Padovana) e Daniele Canella (San Giorgio delle Pertiche), Michele Giraldo (Brugine) e Andrea Girardi (Minerbe), Davide Faccio (Trissino) e Stefano Marcon (al timone di Castelfranco, presiede anche la Provincia di Treviso), nonché Andrea De Bernardin di Rocca Pietore, a capo delle federazione di Belluno. De hoc satis, per ora.
La disputa con la Lega romana
Ciò che importa, aldilà dei proclami, è il punto di caduta della fronda lombardo-veneta. «Il vento soffia forte, anzi fischia la bufera, e fa piacere che Romeo faccia propri i valori e gli obiettivi che qui sosteniamo da tempo, magari scontando incomprensioni e attacchi», il commento di Marcato. Il cerchietto magico di via Bellerio parla di un’operazione-nostalgia che guarda alla remota stagione bossiana…
«Macché, a me le rievocazioni nostalgiche mettono tristezza, al contrario, serve una visione di lungo periodo, piedi ben piantati nelle nostre radici e sguardo rivolto al futuro». Un futuro che esclude Salvini? «Mi lasci esprimere un pensiero. Io credo che la crisi profonda delle democrazie occidentali sia conseguenza del predominio soffocante del leaderismo, dell’uomo forte che prevale sulla volontà del popolo e del territorio.
Che significa? Per me essere leghista significa lottare per salari più alti, difesa delle imprese e del lavoro, tutela delle pensioni, sicurezza dei ceti deboli, autonomia amministrativa, sanità pubblica e gratuita per tutti. Se Matteo condivide questa visione, beh, per me può restare segretario a vita».
Nel frattempo, rinfrancato dall’assoluzione al processo Open Arms, Salvini dichiara che non farà passi indietro sul versante del partito tricolore e tantomeno rinuncerà al fatidico Ponte sullo stretto…
«Se la Lega che il segretario federale ha in mente è la somma dei movimenti leghisti regionali, nessun problema. Se invece ambisce a costruire la copia di partiti già esistenti, allora il suo progetto non ha motivo di esistere».
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