Palude Venezia, l’ex assessore Renato Boraso patteggerà

Verso la conclusione della prima parte dell’indagine. Boraso accusato di essere stato lobbista per un gruppo di imprenditori. Stessa sorte anche per Gislon, Ormenese e Brichese

Roberta de Rossi
Renato Boraso
Renato Boraso

Alla fine, la quadra è stata trovata: avvocati difensori e pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo hanno individuato un punto d’intesa per chiudere con patteggiamenti la prima tranche dell’inchiesta “Palude”, che riguarda i quattro indagati (su 32) agli arresti domiciliari per i quali la Procura aveva ottenuto dal giudice per le udienze preliminari Alberto Scaramuzza, il processo con rito immediato, in calendario con inizio il 27 marzo.

Ovvero: l’ex assessore Renato Boraso, accusato dai pm di essere una sorta di “lobbista” corrotto al servizio di imprenditori compiacenti (e riconoscenti) per agevolarne progetti, autorizzazioni edilizie, appalti, con 750 mila euro di presunte tangenti contestate.

Gli altri imprenditori 

E i tre imprenditori ritenuti più attivi: Francesco Gislon (Mafra Impianti la sua società, difeso dall’avvocata Paola Brosio), Fabrizio Ormenese (ritenuto una sorta di procacciatore d’affari per Boraso, ma anche con interessi propri da salvaguardare, difeso dall’avvocato Leonardo De Luca) e Daniele Brichese (titolare della Tecnofon, difeso dagli avvocati Mandro e Sacco).

Quali i termini dei patteggiamenti? Non sono ancora ufficiali, perché in queste ore scadono i termini per la firma delle intese tra Procura e difensori, che hanno comunque già avanzato le loro istanze di patteggiamento e trovato un accordo verbale con la pubblica accusa.

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Per l’ex assessore alla gestione del Patrimonio e alla Mobilità Renato Boraso - che secondo l’accusa entrava e usciva dagli uffici (non suoi) dell’Urbanistica per organizzare riunioni che non gli competevano e fare pressioni sul via libera a progetti che gli stavano a cuore - il patteggiamento si dovrebbe concretizzare tra i 4 e i 5 anni, limite massimo previsto per gli accordi sulla pena. In questa prima fase, Boraso è chiamato a rispondere di dodici capi di imputazione di corruzione o reati collegati: quelli per i quali il gup Scaramuzza aveva autorizzato il suo arresto il 16 luglio, prima in carcere e - dopo cinque lunghi interrogatori - ai domiciliari.

Altre accuse (come la turbativa d’asta) si aggiungeranno al momento della chiusura ufficiale delle indagini attesa per fine mese: l’inchiesta Palude ha 32 indagati sui quali la Procura sarà chiamata a chiedere o meno il rinvio a giudizio.

La vicenda Pili 

Tra le nuove accuse delle quali potrebbe essere chiamato a rispondere Boraso - se verrà contestata dalla Procura e convalidata dal gup all’udienza preliminare - potrebbe esserci quella che ha fatto parlare di più per gli indagati che si porta appresso: il “caso Pili”, con il concorso in corruzione che vede al momento indagati anche il sindaco Luigi Brugnaro, il direttore generale del Comune Morris Ceron, il vice capo di gabinetto Derek Donadini, il magnate di Singapore Chiat Kwong Ching (al quale il sindaco avrebbe voluto vendere i Pili, di proprietà di una sua società ora nel trust), insieme ai suoi uomini come Luis Lotti e all’imprenditore Claudio Vanin, che da riferimento di Ching in Italia - dopo la rottura dei rapporti tra loro - si è trasformato nel grande accusatore che con il suo maxi-esposto di quattromila pagine ha dato il via all’indagine Palude, nella quale è indagato.

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Si conosceranno a breve le decisioni dei pm: dopo la chiusura delle indagini con il 415 bis, le parti hanno venti giorni per presentare memorie o chiedere interrogatori e poi la Procura chiederà rinvii a giudizio (sui quali deciderà il giudice per le indagini preliminari), oppure potrebbe far cadere alcune accuse.

Il patteggiamento 

Per quanto riguarda i tre imprenditori agli arresti domiciliari - Francesco Gislon, Daniele Brichese, Fabrizio Ormenese - anche i loro legali hanno presentato istanza di patteggiamento dopo aver trovato un punto d’intesa con i pm Terzo e Baccaglini, per pene tra i due e i tre anni di reclusione.

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A decidere sui patteggiamenti, ovvero se convalidarli ritenendo eque le pene concordate o respingerli, sarà la giudice per le udienze preliminari Carlotta Franceschetti, che dovrà stabilire la data dell’udienza.

Il patteggiamento porterà anche al ritorno alla libertà degli indagati: al di sotto dei 3 anni di reclusione non è prevista alcuna misura, ma si può accedere ai servizi socialmente utili. Per Boraso i tempi potrebbero essere più lunghi: da sciogliere il problema della restituzione dei soldi contestati dalla Procura come provento illecito e che, per patteggiare, andranno restituiti.

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