Nuova Pansac, piano da 440 esuberi

L'azienda di Mira vuole chiudere lo stabilimento di Portogruaro. Sindacati infuriati: "Piano inaccettabile". I vertici dell’azienda incontreranno le banche per il piano finanziario
MIRA.
Una sberla traumatizzante: la chiusura degli stabilimenti di Portogruaro, Zinconia e Ravenna, la chiusura delle sedi amministrative di Mantova e Milano e dell’ufficio di Parigi, un piano che all’attuale regime di produzione (40 mila tonnellate nel 2010) prevede 440 esuberi, le cui modalità andranno discusse, su 856 dipendenti del gruppo, anche se il numero potrebbe scendere a 340 nel 2012, se l’azienda dovesse raggiungere l’obiettivo delle 75-78 mila tonnellate di produzione (fino a pochi anni fa erano 120 mila l’anno).


Piano di dimagrimento drastico per la Nuova Pansac, quello presentato ieri dai vertici dell’azienda, il legale rappresentante Piero Manaresi e l’amministratore delegato Fabio Gandolfi alle parti sindacali al tavolo del ministero della Sviluppo economico. Un piano di rilancio austero che ha in parte sorpreso i sindacati e i rappresentanti delle istituzioni locali presenti al tavolo, tra i quali l’assessore alle Attività produttive della Provincia, Paolino D’Anna. Le linee guida illustrate da Gandolfi e Manaresi tratteggiano uno scenario di pesanti tagli, accentramento della produzione negli stabilimenti tecnologicamente migliori (Mira e Marghera), rapporti da riconquistate con i fornitori ma soprattutto con i clienti, i quali dopo l’ultimo anno delle gestione di Fabrizio Lori faticano a considerare Nuova Pansac un partner attendibile dal quale far dipendere percentuali importati del proprio approvvigionamento. Intanto per la stesura di un piano finanziario credibile - a fronte di un debito che secondo fonti sindaci si aggira intorno ai 180 milioni di euro - proprio domani i vertici dell’azienda avranno un incontro con le banche esposte.


Il piano presentato a Roma viene intanto bocciato dai sindacati, che lo ritengono inaccettabile e arrogante. «Non si può parlare di rilancio e poi chiudere tutto - dice Maurizio Don della Uil - perdendo il 50% della produzione. Non ci spaventa ragionare di cassa integrazione, ma un piano del genere è francamente inaccettabile». Attacca Massimo Meneghetti della Fim Cisl: «L’azienda, con tono arrogante, ha detto di essere già pronta a partire con le lettere di mobilità per i dipendenti. A questo punto chiediamo un nuovo piano finalizzato alla vendita nuovi soggetti proprietari. Abbiamo chiesto anche un nuovo incontro dopo che l’azienda avrà discusso con le banche. Certo è che se procederà autonomamente con iniziative non concordate, la risposta del sindacato sarà forte e determinata». Per l’assessore D’Anna l’incontro è stato «una totale delusione. La situazione è terribilmente peggiorata, a questo punto sarebbe stata preferibile l’amministrazione controllata».

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