Nelle lavanderie self-service non si può stirare: lo stabilisce il Consiglio di Stato
La sentenza ha accolto il ricorso di Confartigianato Imprese Veneto contro una stireria in impianto a gettone che erogava anche il servizio di stireria

Il Consiglio di Stato ha accolto in via definitiva un ricorso di Confartigianato Imprese Veneto contro una lavanderia self-service che erogava anche il servizio di stireria, indicando il ruolo del responsabile tecnico necessario per operare nel settore della cura professionale del tessile.
La sentenza, emessa l'8 luglio scorso, è stata resa nota il 9 agosto dall'associazione regionale di categoria, che aveva presentato ricorso contro un esercizio “a gettone” che offriva anche il servizio di stireria, avviato con una Scia prima rilasciata e poi ritirata da parte del Comune in cui operava.
«E' stata una lunga battaglia», afferma Carlo Zanin, presidente del gruppo Lavanderie della Confartigianato città Metropolitana di Venezia e già Presidente Nazionale Anil, «iniziata nel 2017, riconoscendo la valenza dell'azione sindacale di Confartigianato e Cna nazionali per cercare di porre un argine al fenomeno delle lavanderie self-service che erogano impropriamente servizi di manutenzione dei capi».
L'azione sindacale di Confartigianato e Cna aveva portato alla scissione dei codici Ateco tra lavanderie tradizionali e self-service, e l'introduzione di un alert da parte delle Camere di Commercio sulla presenza del responsabile tecnico in fase di iscrizione di una attività, e una circolare ministeriale.
«Il Consiglio di Stat», sottolinea Zanin, «stabilisce che chi vuole operare nel nostro settore deve avere i requisiti previsti dalla legge 84 del 2006. Una sentenza che apre anche la strada ad altre attività che ad oggi non hanno una legge di settore che stabilisce i requisiti per un lavoro davvero professionale».
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