Muore neonato, la mamma in coma
Una donna al settimo mese di gravidanza, con forti dolori, viene accompagnata dal marito all’ospedale di Piove. I medici la visitano, senza tuttavia ravvisare motivi d’urgenza; e al marito, che chiede un’ambulanza per raggiungere Padova, suggeriscono di andarci in auto. Un’ora dopo, al termine di un parto cesareo, il bimbo muore. Quanto alla madre, le viene asportato l’utero e va in coma
PADOVA.
Una donna al settimo mese di gravidanza, colta da dolori fin dalla mattina, viene accompagnata all’ospedale di Piove. I medici la visitano senza ravvisare motivi d’urgenza. E al marito che chiede di trasferirla in ambulanza a Padova, gli fanno storie burocratiche dicendo di usare la macchina. E’ il preludio della tragedia: un’ora dopo il bimbo muore dopo il parto cesareo.
E’ la notte del 3 settembre. Figuratevi lo stato d’animo del marito mentre, durante il tragitto da Piove a Padova, deve condurre l’auto e nel contempo rassicurare la moglie martoriata da fitte al ventre sempre più persistenti. Nella concitazione del momento non riesce a trovare la strada che porta al pronto soccorso della Divisione Ostetrica, peraltro mal segnalata. La coppia arriva a destinazione verso le 2 di notte. La paziente viene sottoposta ad ecografia che evidenzia un marcato distacco della placenta. Il bambino è ancora vivo. Ma bisogna intervenire d’urgenza.
La donna entra in sala operatoria alle 2,15. Viene fatta partorire con taglio cesareo dal dottor Roberto Laganara, medico di turno. Il neonato risulta affetto da bradicardia, con il cuore a soli 50 battiti al minuto rispetto ai 140 di norma. E’ in condizioni disperate. Viene rianimato a lungo. Tutto inutile. Muore tra le braccia dei sanitari.
Nel frattempo preoccupano anche le condizioni della madre. Presenta un utero apoplettico, ossia devastato. Il dottor Laganara avverte il professor Gianni Nardelli, direttore della Clinica Ostetrica, che corre in ospedale riuscendo a togliere l’utero della paziente e frenare l’emorragia da esso prodotta. La donna viene poi trasferita in sala di rianimazione e tenuta per quattro giorni in coma farmacologico. Adesso si sta riprendendo.
Un duplice dramma: oltre ad avere perso suo figlio, questa sfortunata giovane non potrà più mettere al mondo altri bambini. Intanto ieri mattina il pm Sergio Dini ha ascoltato la sofferta deposizione resa dal marito della signora. Lei 27 e lui 28 anni, residenti a Campagna Lupia: una coppia affiatata ora distrutta dal dolore. Quando è uscito dal magistrato, accompagnato dall’avvocato Filippo Schiavon, il compagno della ragazza che con lei quel bambino aveva atteso come il più bello dei regali, era una maschera di sofferenza.
Intanto la macchina della giustizia si è già messa in moto. L’i scrizione a registro in Procura, per omicidio colposo, è scattata dopo l’esposto inviato dal marito della partoriente. Lunedì prossimo il magistrato requirente conferirà la consulenza medico-legale ad un anatomo-patologo non padovano, così da evitare qualsiasi ipotesi di condizionamento ambientale. Solo a quel punto si saprà con esattezza il numero dei medici indagati.
LE REAZIONI
Si rimane attoniti davanti ad un dramma di tale portata. E ci si pone una domanda: come è possibile che all’ospedale di Piove, avendo deciso di non ricoverarla, non abbiano fatto esami strumentali per accertare che la paziente non presentasse patologie connesse alla gravidanza? E come mai la visita clinica, in un caso così grave, non ha messo in rilevo alcun elemento di sospetto? Invece la donna è stata lasciata andare via come se si trattasse di una gravidanza normale. I consulenti dovranno stabilire due aspetti salienti della tragedia: se il bambino sarebbe morto in ogni caso e se, intervenendo per tempo, si poteva salvare l’utero della paziente.
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