Motori, donne, dolori: Mann a Venezia 80 racconta “Ferrari”, l’uomo che visse di corsa
In concorso alla Mostra del Cinema il film sull’imprenditore e pilota che inventò il mito della Rossa.
Davanti al Palazzo del Cinema l’auto che gareggiò nella Mille Miglia del ’57
L’uomo che corse per tutta la vita, dentro e fuori le sue scuderie, tra il salotto della moglie e il letto dell’amante, portando fiori ora alla tomba del figlio Dino, ora a quella del fratello; l’uomo che visse nel rosso delle sue macchine, del sangue che bagnò le piste, della passione per le donne; quest’uomo sempre riservatissimo per un attimo si distrae, si ferma e si racconta.
Sbarca alla 80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica “Ferrari” di Michael Mann (in Concorso), tratto dalla biografia “Enzo Ferrari – The Man and the Machine” di Brock Yates, covato per moltissimi anni dal regista che a un certo punto s’innamorò della vita straordinaria, ma anche universale, dell’imprenditore e pilota modenese che nel 1947 fondò la Scuderia Ferrari, destinata a diventare quasi un atto di fede per i devoti di Maranello.
L’opera di Mann – presente in Mostra con quasi tutto il cast in quanto film indipendente – si concentra in un momento preciso della vita di Ferrari, il 1957, anno disgraziatissimo in cui l’azienda sta facendo bancarotta, il matrimonio pure e la Mille Miglia, sulla quale l’imprenditore puntava tutte le sue speranze, diventò tragedia.
A dare il volto e il passo a Ferrari è Adam Driver, già Maurizio Gucci in “House of Gucci” di Ridley Scott, quindi evidentemente a proprio agio nell’incarnare i protagonisti della storia italiana, mentre Penélope Cruz è Laura Garello, la moglie e socia in affari tradita e furibonda, Shailene Woodley l’amante remissiva Lina Lardi con cui Ferrari ebbe un figlio, Piero, dirigente nell’azienda di famiglia, Daniela Piperno l’odiosa madre, Patrick Dempsey uno dei piloti della scuderia, appassionato di auto anche nella vita e fondatore di una scuderia con Alessandro Del Piero.
«Ferrari ha una storia profondamente umana» spiega il regista che ha espresso solidarietà ai colleghi in sciopero «e più entriamo nella vita di quest’uomo, più si avverte la dipendenza da euforia, ci sono conflitti, sentimenti, che diventano universali. Un melodramma».
Sicuramente al Lido c’è la gioia dei fan, che il 31 agosto sera hanno tirato fuori la voce risparmiata da due giorni per accogliere Michael Mann, Adam Driver (assente Penélope Cruz), Patrick Dempsey e la Ferrari, quella che corse la Mille Miglia del ’57, che oggi vale 70 milioni di euro e che stava in tutto il suo splendore ai piedi del red carpet.
«In realtà Ferrari era una persona sospinta dal lutto e dal dispiacere, è stato molto emozionante entrare nei suoi panni» spiega Driver.
Tutti, poi, come spiega ancora il regista, si sono immersi nel luogo. Modena, le sue strade, la casa, la sedia del barbiere di Ferrari, i ristoranti in cui andava, i vestiti, la società di quel momento.
«È stato quasi come il lavoro di un antropologo» dice Mann che ha ricostruito persino il rumore assordante delle Ferrari grazie a una serie di microfoni montati sulle vetture d’epoca «per far provare cosa significasse guidare una macchina da corsa negli anni Cinquanta».
«Un suono minaccioso» aggiunge «ma bellissimo». Macchine che oggi farebbero venire i capelli dritti: con il portacenere e senza cintura di sicurezza perché, come spiega Driver «l’obiettivo era quello di farsi buttare fuori in caso di incidente. Nelle scene non sono io che guido, di me si fidano soltanto per portare i panini»
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia