Segregata e violentata per tre giorni. L’ombra di uno stupro di gruppo a Mestre
Donna di 32 anni chiede aiuto ai passanti fuori dalla ex Telecom. Portato in caserma e interrogato un uomo. Lo sdegno di Zaia: «Massima durezza nell’applicazione delle leggi»

Camminava con difficoltà, sul volto i segni di un’aggressione, negli occhi la paura e il dolore. «Aiuto, aiutatemi, mi hanno violentata, qualcuno mi aiuti».
Il grido disperato mercoledì 16 aprile ha tagliato via Carducci a Mestre dopo mezzogiorno, poco lontano dalla fermata Actv sempre affollata che anticipa l’incrocio con via Olivi e via Cappuccina, all’ombra dell’ex centro Telecom.
Una donna di 32 anni, ferita e barcollante, è emersa dal complesso in disuso piangendo e raccontando un crimine orrendo: ha detto di essere stata rinchiusa per tre giorni tra le stanze abbandonate, alla mercé di più persone che avrebbero ripetutamente abusato di lei.
Anche lì, dove chi aspetta l’autobus spesso deve fingere di non notare i senzatetto sepolti sotto le coperte addossate alla vecchia saracinesca, una richiesta di soccorso che raccontava di uno stupro non poteva rimanere inascoltata.
Sul posto si sono precipitati i carabinieri, la polizia locale e il personale del 118: se i sanitari hanno raccolto la donna e l’hanno accompagnata d’urgenza all’ospedale dell’Angelo, i militari e gli agenti si sono subito lanciati oltre i cancelli e nei corridoi dello stabile, riuscendo così a intercettare un uomo di origini tunisine, circa trent’anni, che è stato portato in caserma.
A sette giorni esatti dall’orrore che ha travolto una ragazzina di appena 11 anni, Mestre sembra essere diventata di nuovo teatro di una violenza sessuale: in pieno centro, in pieno giorno. La vicenda, però, ha contorni ancora poco chiari e le indagini sono tuttora in corso per stabilire con esattezza cosa si sia consumato all’interno del palazzo, dietro le cancellate di via Meucci.
Il trentenne straniero, infatti, mercoledì sera non era ancora stato formalmente ristretto: l’autorità giudiziaria aspettava di avere maggiori dettagli e, soprattutto, una ricostruzione più definita.
I medici hanno confermato la violenza sessuale e immediatamente è quindi scattata la prassi che sempre si attiva in queste circostanze: sulla 32enne sono stati subito eseguiti i test tossicologici e i tamponi indispensabili per verificare l’accaduto, mentre sono venivano immediatamente allertati gli esperti dei servizi sociali e per il supporto psicologico.
Gli esami avrebbero fornito elementi sufficienti per ipotizzare uno stupro, probabilmente ripetuto e forse compiuto da più persone.
Ma le esatte circostanze dell’abuso restano un punto interrogativo: la donna porta indubbiamente i segni di una pesante aggressione, le botte sul corpo testimoniano i colpi subiti, a più riprese. E, stando alle primissime ricostruzioni, sarebbe effettivamente rimasta negli spazi dell’ex centro Telecom per circa tre giorni; è probabile, però, che inizialmente sia entrata seguendo qualcuno di propria volontà e non è escluso che, in quest’arco temporale, sia anche uscita dallo palazzo recintato e vi sia poi rientrata.
Andrà accertato, insomma, quando la sua permanenza nelle stanze abbandonate sia diventata una reclusione obbligata.
Il complesso di via Meucci è da sempre ricovero di sbandati e tossicodipendenti, tanto che periodicamente viene sgomberato dalle forze dell’ordine, le finestre, le porte e la recinzione costantemente bloccate con grate di ferro termosaldate.
Nonostante gli interventi ciclici, però, i senzatetto e i disperati continuano a introdursi all’interno, grazie anche alle tantissime aperture dell’ex centro.
Nei locali dove è stato bloccato il trentenne che ieri è stato portato via da carabinieri e Locale non c’erano siringhe usate né dosi di stupefacente, e né il tunisino né la donna sarebbero volti già noti alle forze dell’ordine - anche se questo dovrà essere verificato con maggiore sicurezza - ma entrambi sarebbero comunque individui marginalizzati, e questo rende più complesso anche definire nei dettagli quello che si è consumato tra quelle mura, così come individuare altri possibili coinvolti.
Lo sdegno di Zaia: «Massima durezza nell’applicazione delle leggi»
«Ancora l’orrore di una brutale violenza a una donna, questa volta a Mestre.
Questo bollettino criminale è ormai quasi quotidiano, ma esorto tutta la comunità civile a non assuefarsi a tali notizie, e a fare sempre più squadra per tentare in tutti i modi di prevenire o impedire un delitto collaborando in ogni modo, anche segnalando situazioni sospette alle Forze dell’Ordine, che in tante occasioni, come in questa, intervengono tempestivamente e riescono ad arrestare il delinquente».
Lo dice il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, in relazione all’ennesima violenza su una donna perpetrata a Mestre.
«A questa donna come a tutte le vittime di questi efferati delitti– prosegue Zaia – rivolgo la mia totale solidarietà, con l’augurio di poter guarire il prima possibile dalle ferite fisiche e da quelle morali e psicologiche».
«Ringrazio per il civismo gli avventori di un vicino bar che hanno immediatamente dato l’allarme sentendo le grida della donna – dice ancora Zaia – e le Forze dell’Ordine che sono riuscite a intervenire in tempo per bloccare il violentatore, per il quale, lui come tutti gli altri che si macchiano di tali orrori, chiedo la massima durezza nell’applicazione delle leggi».
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