Medicina e dolore, la sfida di padre Spadaro: «Nella malattia si può incontrare l’arte»

Il sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione ha chiuso la prima edizione del World Health Forum di Padova
Enrico Ferro
Antonio Spadaro, gesuita, sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione
Antonio Spadaro, gesuita, sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione

Interpretare la malattia come un viaggio e in questo viaggio si può anche provare a incontrare la dimensione artistica. È la riflessione proposta da padre Antonio Spadaro, gesuita, sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione, al World Health Forum Veneto.

Padre Spadaro, davvero si può dare un simile senso alla malattia?

«La malattia è una frattura nell’armonia della vita, è il momento in cui l’uomo si pone una domanda di senso. Trattare il tema della malattia significa non considerarlo come un tempo morto, ma come un periodo ricco nel quale vale la pena riflettere sul senso».

Quindi medicina e arte possono coesistere?

«La medicina, la malattia la sofferenza e la dimensione poetica, letteraria e artistica sono in grado di confrontarsi con il tema della morte. Toccano corde fondamentali, di esperienza umana. Il mondo dell’espressione artistica è in grado di esprimere il rapporto tra medico e paziente».

Qual è la posizione della Chiesa in merito?

«Papa Francesco usa spesso una metafora: la Chiesa come un ospedale da campo. Lui fa riferimento alla dimensione terapeutica della malattia. Da giovane ebbe un problema ai polmoni, in quel contesto si rese conto di quanto è importante la dimensione terapeutica. Spesso, purtroppo, manca l’empatia».

Cosa intende dire?

«Spesso ci relazioniamo con gli altri tramite schermi, ci schermiamo. Questo ha a che fare con il tema della morte del paziente. Davanti a una persona che vive situazioni gravi di salute, è necessario avere un approccio diverso: non un problema da risolvere ma una vera relazione con la sofferenza».

Ma la Medicina è preparata ad avere rapporti empatici con i pazienti?

«È sempre più difficile, ma è ciò che servirebbe».

Che tipo di autori ha analizzato per questo dialogo tra letteratura e malattia?

«Alcune letture tratte da testi di Sofocle, Molière, Thomas Mann e Aleksandr Isaevič Solženicyn, mentre il tenore Cristian Ricci ha interpretato le note di Astor Piazzolla, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini».

È vero che lei dialoga regolarmente con il regista Martin Scorsese?

«Sì, è una conversazione nata al tempo della pandemia, inizialmente via mail. Abbiamo iniziato a parlare della sua asma. Lui da ragazzino viveva per strada e amava quella dimensione ma percepiva la differenza tra sé e gli altri. Il nostro dialogo è cominciato così».

Come vi siete conosciuti?

«Siamo entrambi siciliani, ci siamo conosciuti circa 8 anni fa. L’ho incontrato a casa sua e poi abbiamo continuato a frequentarci. Fino a intraprendere questa discussione sulla sua malattia».

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