Matrimoni gay, slitta la decisione della Corte Costituzionale
La Consulta si deve pronunciare anche su un caso veneziano
ROMA. Spaccatura fra i giudici della Corte Costituzionale chiamati a pronunciarsi sui matrimoni gay. Una decisione che potrebbe essere presa già oggi, ma comunicata solo dopo le elezioni, il 12 aprile.
Il caso è stato sollevato da tre coppie omosessuali che si erano viste negare le pubblicazioni. La Consulta ha tenuto ieri una lunga udienza pubblica in cui sono state esaminate le ordinanze del Tribunale di Venezia e della Corte d’appello di Trento. Una seduta «storica», ma che non sembra possa portare a una sentenza rivoluzionaria. I giudici sono entrati in camera di consiglio nel tardo pomeriggio di ieri. E alle 19 hanno sospeso la discussione riconvocandosi per stamattina. La sensazione è che i giudici, pur accettando di entrare nel merito, vadano verso un rigetto del ricorso con una sentenza complessa e articolata che richiederà tempo, ma che potrebbe aprire spiragli ad azioni successive.
Ai giudici della Consulta, di fatto, è stato chiesto di verificare la compatibilità tra i principi sanciti dalla Costituzione e gli otto articoli del codice civile che oggi impediscono l’unione tra persone dello stesso sesso.
Norme che a giudizio dei ricorrenti violerebbero non soltanto gli articoli 2, 3, 29 e 117 della Carta costituzionale, ma anche gli articoli 8, 12 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e gli articoli 7, 9 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Alla Corte il collegio difensivo dei ricorrenti ha chiesto di prendere una «decisione coraggiosa» che tenendo conto «dell’evoluzione dei costumi e della società» ponga fine ad «una discriminazione irragionevole», come ha spiegato l’avvocato Vittorio Angiolini durante l’udienza.
Del resto, come annotavano gli stessi giudici del Tribunale di Venezia rivolgendosi ai giudici di rango costituzionale, non ci sono impedimenti ai matrimoni gay. «La libertà di sposarsi e di scegliere il coniuge riguarda la sfera dell’autonomia e dell’individualità, quindi una scelta sulla quale lo Stato non può interferire a meno che non vi siano interessi prevalenti incompatibili», scrivevano i giudici lagunari aggiungendo che nell’ipotesi di matrimonio tra persone dello stesso sesso «il Tribunale non individua alcun pericolo di lesione di interessi pubblici o privati di rilevanza costituzionale, quali potrebbero essere la sicurezza o la salute pubblica».
«L’unico, importante diritto» col quale potrebbe ipotizzarsi un contrasto, aggiungevano i giudici, «è quello dei figli a crescere in un ambiente idoneo». Ma anche in questo caso il diritto all’adozione delle coppie omosessuali coniugate risulta distinto da quello di sposarsi «tanto che alcuni ordinamenti stranieri pur introducendo il matrimonio tra omosessuali hanno espressamente escluso il diritto all’adozione». La sentenza della Corte, se positiva, potrebbe portare a una svolta nel diritto di famiglia. Anche per le unioni di fatto. «Qualunque orientamento emergerà, siamo soddisfatti che la discussione sia inziata», ha detto ieri il presidente onorario dell’Arcigay, Franco Grillini, ricordando che «la maggioranza dei paesi Ue si è già dotata di leggi per tutelare le coppie omosessuali».
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