Marco Polo, 172 marocchini in «ostaggio»
L’aereo Myair per Casablanca non parte, giornata d’inferno per mamme e bambini. Tensione in aeroporto, maxi richiesta di pannolini. Arriva anche il console per trovare la soluzione
VENEZIA
. La parola odissea ancora non rende l’inferno che da lunedì alle 18 hanno vissuto 172 passeggeri marocchini (tranne uno) che a quest’ora avrebbero dovuto essere chi dalla madre, chi con il figlio, chi con il marito o la moglie o i genitori anziani a casa propria. E invece i passeggeri del volo della Myair che avrebbe dovuto staccarsi dalla pista dell’aeroporto di Tessera alle 21, diretto a Casablanca, hanno passato la notte di lunedì e tutta la giornata di ieri sul pavimento di una sala di attesa dell’aerostazione. In attesa di un volo che non è mai decollato.
Verso l’ora di pranzo, dal tabellone «partenze» è stato «resettato» completamente anche il volo diretto a Palermo, sempre della Myair, con quasi 70 persone a bordo. Ieri, un turista marocchino che parla solo francese, ha invocato la convenzione sui diritti umani. «Qui si violano le leggi internazionali, questo non fa onore al vostro Paese». A mezzogiorno passato da qualche minuto, la sala d’attesa assomiglia più al ponte di una nave affollata.
C’è gente buttata a terra, senza forze. Donne con il viso coperto, sfinite, su una sedia. Bambini che piangono. Qualcuno non ha nemmeno le forze per dire tutta la sua disperazione. Una donna mostra le iniezioni di insulina. Spiega a cenni e con l’aiuto della traduzione di una amica che è diabetica. Stretto sulle gambe ha uno zainetto frigo, dove tiene le iniezioni.
Ma non è l’unica a stare male. Ci sono donne con due, tre figli, alcuni dei quali neonati. «Abbiamo chiesto i pannolini - spiegano - ma niente da fare». Le scale mobili sono bloccate. «Dalle 18 di ieri si sono susseguiti annunci di ritardi - spiega Hassan che lavora per una azienda agricola di frutta nel Padovano - Nessuno dell’aeroporto ci ha voluto dire nulla. Nessuno ci badava. Poi ci hanno detto che la Myair era in sciopero, per questo non si partiva». Tra i passeggeri ci sono lavoratori, professionisti, studenti, turisti. Alle 13, ancora nessun annuncio. Le forze dell’ordine controllano. Un gruppo di bambini gioca a calcio dietro le scale mobili. C’è chi viene preso dallo sconforto e scoppia a piangere. Poi si diffonde la voce che il personale dell’aeroporto provvederà al pranzo e ai pannolini per i bambini. Ma le ore passano, la situazione si fa più tesa. Arrivano nuovi agenti. Asmaa e Laila, vivono in Italia da quando sono due bambine. Laila ha contattato per prima la polizia, i carabinieri e la finanza. «Quest’ultima è arrivata - spiega - ed è stata l’unica ad ascoltarci. Il capo scalo voleva darci da bere lunedì sera, ma abbiamo rifiutato e lo abbiamo rimandato indietro con il suo carrello».
C’è chi cerca di contattare i famigliari in Marocco, che hanno pensato al peggio. I passeggeri hanno continuato a sperare nel volo fino a sera. Quando la direzione ha comunicato che dovevano tornare a casa, hanno cercato di resistere. Alle 19.45, la maggior parte era ancora là, ad attendere notizie. Poco dopo è giunto il console marocchino, per cercare una soluzione con il direttore dell’aeroporto. Ed è arrivato anche del cibo. Il console, in contatto con l’ambasciatore a Roma, e con il ministero in Marocco ha cercato di organizzare un volo di emergenza. Una settantina di persone, infatti, soprattutto donne con bambini, non voleva lasciare l’aeroporto.
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