Manovre sulla Biennale. Per sostituire Baratta si pensa anche a Rampello
Uffici già al lavoro sulla riforma dello statuto con la possibilità di un direttore generale dotato di poteri operativi
Paolo Baratta
Da una parte la riscrittura di una riforma agile dello statuto della Biennale che possa essere approvata rapidamente dal Parlamento, facendo decadere il presidente Paolo Baratta e l’attuale Consiglio Dall’altra, la ricerca di un manager della cultura, affidabile e collaborativo che possa prendere il posto di un presidente troppo autonomo. E’ questo ciò a cui starebbe lavorando, non da solo, il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi. E spunta anche il nome di Davide Rampello.
Quella di Alain Elkann - di cui diversi giornali hanno scritto - non sarebbe infatti una candidatura “bondiana”, anche se il giornalista e scrittore resta uno dei suoi consiglieri. Prive di consistenza anche altre teoriche candidature che girano, come quella dell’attore Luca Barbareschi. Quella di Rampello - attuale presidente della Triennale di Milano - non è ancora una candidatura “bondiana”, ma potrebbe divenirlo. Rampello è già stato a un passo dal diventare presidente della Biennale proprio al posto di Baratta. Era il candidato dell’allora ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli, ma veti incrociati da destra e sinistra fecero saltare all’ultimo momento il suo nome e - all’insaputa dello stesso sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che pure in precedenza ne aveva caldeggiato la nomina - Rutelli convinse proprio Baratta a ritornare alla guida della Biennale. Il mandato di Rampello alla Triennale scade il prossimo anno, ma il manager culturale nato e cresciuto in Fininvest sarebbe pronto a lasciare subito Milano per Venezia, se si creasse l’opportunità-Biennale.
Ma la ricerca ancora continua e l’identikit legato a un possibile successore di Baratta passa anche dall’idea di riforma della Biennale che è negli intendimenti del ministro, ma che dovrà passare anche al vaglio - a quanto si dice - del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. L’idea che circolava in precedenza era infatti quella di puntare su un presidente “rappresentativo” e un direttore generale con forti poteri operativi. Ora Baratta assomma in pratica in sé le due funzioni e il suo direttore generale Andrea Del Mercato è più che altro l’esecutore materiale delle scelte del presidente. Con la riforma - e la decadenza di presidente e Consiglio - Bondi risolverebbe anche un altro problema: quello della presenza in esso di un consigliere rappresentante dei Beni Culturali, che, a suo giudizio, non lo rappresenta, perché nominato dal suo predecessore: il saggista Giuliano Da Empoli.
Quest’ultimo, però, rifiuta di dimettersi e tra le “colpe” che Bondi attribuirebbe a Baratta c’è anche quella di non averlo convinto a lasciare il suo posto. In tutto il progetto ministeriale, il fattore tempo ha grande importanza, perché comunque l’approvazione di una riforma della Biennale in Parlamento richiederà almeno qualche mese ed entro la primavera anche il quadro politico in Veneto sarà fortemente modificato. Massimo Cacciari non sarà più sindaco di Venezia e Giancarlo Galan potrebbe non essere più il presidente della Regione, entrambi sostenitori della presidenza Baratta. Bondi ha già detto di voler “trattare” con gli enti territoriali le trasformazioni della Biennale, ma gli interlocutori saranno altri, forse più disponibili o forse no.
«Riguardo alla governance della Biennale, è decisamente un’anomalia, a cui porre rimedio, che il Ministero dei Beni Culturali, che è il maggior finanziatore della fondazione, non abbia la maggioranza in Consiglio di amministrazione, che è invece in mano agli enti territoriali, che vi investono molto meno». Lo aveva detto, in un’audizione parlamentare, il predecessore di Baratta, Davide Croff. Chissà che proprio questo non sia uno dei “cardini” della riforma che ora è in gestazione.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia
Video