Mandato e Simionato, i miranesi di Sesa. Il mistero Bertagnolli morto un anno fa

MIRANO. La bufera giudiziaria che spira dal Friuli è arrivata fino nel Veneziano e ha investito una serie di società e amministratori. Soprattutto legati alla galassia Sesa, la partecipata al 51% dal Comune di Este (Padova) che domina la gestione dei rifiuti in mezza provincia, a maggior ragione dopo il subentro alla “defunta” Padova Tre.
Tra gli indagati spicca Angelo Mandato, 55 anni di Mirano, amministratore della Bioman spa e azionista di riferimento della Finam Group (acronimo di Finanziaria Angelo Mandato), il privato che detiene il 49% delle quote Sesa. L’anima, di fatto, della società di Este. E indagato anche Maurizio Simionato, 66 anni di Mirano, a.d. di Sesa, già seduto nel Cda per conto del socio privato. Ex consigliere comunale a Mirano nella maggioranza di centrosinistra di Gianni Fardin, è stato anche dipendente Usl e già presidente (ora sponsor) dell’Unione ciclistica Mirano.
L’accusa? In sintesi: per Sesa non sarebbero dovuti transitare i rifiuti friulani, il cui smaltimento sarebbe dovuto avvenire entro la locale autorità di bacino, dunque in Friuli, e non certamente in Veneto. Questione di codici, pare essere – anche qui in estrema sintesi – la difesa delle società indagate: i rifiuti arrivavano nella Bassa padovana non per lo smaltimento ma per il trattamento. Erano dunque liberi di circolare. Come si pone Sesa di fronte all’inchiesta? «Per ora nessun commento», la risposta ufficiale. Legittimo, anche se appena qualche giorno fa, col rinnovo del Cda, si era anticipata la volontà di votarsi a una trasparenza che fino a oggi era evidentemente mancata. Parla invece il sindaco di Este, Matteo Pajola: «Non sono informato sui fatti», l’indagine è riferita a un periodo della passata amministrazione di centrodestra, «ma ho richiesto ai tre membri pubblici del Cda di convocare urgentemente un consiglio per trattare la questione».
Dagli indagati miranesi a quelli veneziani. Quando l’avvocata Eliana Bertagnolli ha letto sui giornali la notizia che suo padre Luciano era nella lista degli indagati per il caso di maxi traffico di rifiuti, è rimasta basita. Non solo perché è morto lo scorso 21 marzo 2021, ma anche perché non è mai arrivata la comunicazione. «Come erede non posso avere accesso al fascicolo e ho dato mandato a un mio collega di occuparsene», ha detto ieri Bertagnolli che ha lo studio legale a Mestre. «Quanto è emerso getta fango su mio padre, soprattutto adesso che non può difendersi perché non c’è più, e indirettamente anche su di me che lavoro qui nel territorio e non sono mai stata avvisata di nulla», continua. «Prenderò provvedimenti contro chi ha tirato in ballo mio padre senza motivo».
Ieri quello che l’avvocata ha potuto fare è una visura sulla società Sav.No srl di Vittorio Veneto, indicata come azienda coinvolta. «Quello che ho potuto vedere è che nel 2001 mio padre lasciò la carica di presidente del consiglio di amministrazione, carica che in genere dura tre anni», spiega l’avvocata. «Da quanto si evince l’inchiesta riguarda gli anni dal 2017 al 2020, periodo in cui mio padre risulterebbe indagato. Com’è possibile?».
Nel 2002, nell’ambito dell’inchiesta per presunti illeciti nella gestione dei fanghi nell’isola delle Trezze, fu sentito in quanto direttore di Amav, ma anche su questo l’avvocata sta cercando di recuperare i documenti necessari per «difendere la memoria di mio padre».
Il mestrino Codato
Tra gli indagati, un personaggio noto a Mestre. È il 68enne Francesco Codato, legale rappresentante di Greenman Srl di Manzano. Codato, biologo, attualmente, è un libero professionista, consulente ambientale nel trattamento rifiuti, industria e agricoltura. In passato è stato direttore tecnico dell’impianto di compostaggio di Trevignano e del Consorzio TV3, direttore tecnico della società Biokomp di Mira e responsabile della sicurezza per gli impianti del polo integrato Ecoprogetto a Fusina.
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