L'identità è già in costruzione

I luoghi storici e quelli del divenire: dalla Torre a via Torino
Monumenti canonici: la Torre, piazza Ferretto. Luoghi simbolo (in negativo): la tangenziale. Memorie dell’infanzia: ancora piazza Ferretto ma anche Carpenedo. Spazi della trasformazione, quindi del futuro: il parco di San Giuliano, via Piave, via Torino, viale Ancona. Alla domanda «Quali sono i luoghi dell’identità di Mestre?» i pareri rivelano affetti, radici: la visione di Mestre come anonimo agglomerato di cemento e asfalto comincia ad essere lontana.


«Quale il luogo simbolo di Mestre? Inevitabilmente la piazza», sorride
Antonio Furlan
, titolare delle sale cinematografiche della città: «È il luogo dove ho sempre vissuto la giovinezza. Mi ricordo quando Mestre era senza periferie: in corso del Popolo c’era un campo dove veniva il luna park, si andava verso i bastioni di via Torino, c’era un campo di piccole collinette dove andare a saltare con i motorini. L’unico luogo della memoria era la piazza: c’erano le due fazioni opposte, Fontanella e da Ugo. Un mondo finito». «A caldo direi il parco di San Giuliano», improvvisa
Alice Patelli
, farmacista di Campalto e presidente dell’associazione Campalto Viva, «dal punto di vista delle costruzioni la Torre, ma da quello dell’importanza del paesaggio e della gronda lagunare certamente San Giuliano. Sono due simboli: la storia e il futuro della città».


Mestrino doc è
Michele Serena
, allenatore del Venezia, primi calci da professionista proprio nel Mestre, un passato con la Fiorentina, l’Atlético Madrid, la Nazionale, il Parma, l’Inter: «La Torre civica identifica la città», dice Serena, «ma anche piazza Carpenedo: nessun altro posto lo sento più mio, mi piace come simbolo, per me è un luogo ideale per i giovani».
Ettore Aulisio
, dell’associazione «terrAntica», ha abitato a Carpenedo, Campalto, ora a Favaro: «Il simbolo della città? Per me è il luogo storico, piazza Ferretto: se penso a Venezia mi viene in mente piazza San Marco. Però non solo la piazza, anche viale Garibaldi, la strada per Carpenedo: Mestre la identifico con questo asse alberato».


«Dovrei rispondere la tangenziale», va sul sicuro
Diego Saccon
, del Cocit, il comitato attivissimo su temi come traffico e inquinamento: «Ha una notorietà europea, negativa. Ma si può trasformarla in qualcosa di positivo attraverso un restyling radicale. È il dibattito di questi giorni: c’è chi prevede di interrarla realizzando un tunnel, o un boulevard. Per dire che questo simbolo sicuramente connota Mestre, ne deforma l’identità, perché una delle matrici è Mestre crocevia Nord/Sud, Est/Ovest, terra/acqua. Nel bene e nel male la tangenziale è un simbolo, ma può essere rovesciato in positivo attraverso una trasformazione importante. Un altro luogo dell’identità, per gli stessi motivi, è il parco di San Giuliano», aggiunge Saccon, «la Mestre crocevia, la città anfibia, che aveva a San Giuliano il suo luogo cruciale, punto di scambio fra terraferma e laguna. Dopo la realizzazione del ponte e della ferrovia San Giuliano era stato trasformato in discarica, oggi è un grande parco: segno che cambiare la città in positivo si può».


«Cos’è un luogo dell’identità? Lo riconoscono gli abitanti o fuori le mura?» chiede
Riccardo Caldura
, critico d’arte, docente all’Accademia di Belle Arti e direttore della galleria Contemporaneo di Mestre: «Il luogo dell’identità da farsi è via Piave, perché è la strada che va dalla stazione al centro, e proietta, inoltre, un’identità simbolica, è multietnica, evidenzia le nuove forme dell’attività economica e sociale. Via Piave è un luogo della vita, altri sono manufatti architettonici: in questo senso un altro simbolo di Mestre è Coin, il centro Le Barche. Il mio simbolo è un luogo reale, di vita: l’asse di via Piave è il luogo dell’identità che si sta facendo». «Mestre s’identifica logicamente con piazza Ferretto e la Torre», dice l’architetto
Plinio Danieli
, «ma anche il Candiani è entrato nel lessico, “ci troviamo al Candiani”. I luoghi dell’identità sono tanti: piazza Barche, la parte commerciale e delle banche, come via Torino e viale Ancona, sono i luoghi più identificativi per le loro attività, sono la città del futuro. Senza dimenticare le grandi conquiste, come il parco di San Giuliano». «Se dobbiamo pensare al luogo della trasformazione certamente via Torino», è l’analisi dell’architetto
Gian Paolo Mar
, «l’hotel Laguna Palace è un simbolo non solo architettonico. Un altro intervento importante è l’Università, investimento da 60 milioni di euro con edifici alti 45 metri. Piazza Ferretto è invece il luogo storico».


Sir Oliver Skardy
, il cantante dei Pitura Freska, è amaro: «Un mio antico motto dice: Venezia Mestre Marghera un ospizio una boutique una ciminiera. Ospizio, boutique e ciminiera stanno chiudendo. Il nostro territorio va avanti per forza d’inerzia. Forse il simbolo migliore è il ponte che collega Venezia con la terraferma. E cos’altro? Calatrava? Ma io non mi sento rappresentato da un ponte coi scalini de vero. Il ponte di Rialto nel Cinquecento lo hanno costruito in un anno, Calatrava quanti, otto? No savarìa ben, nessuno si identifica più col territorio, è cambiato tutto, siamo cambiati noi, la sera la città è morta. Quando sono cresciuto io il simbolo di Marghera era una chitarra, ’desso no ghe xe neanca quea. Non c’è una simbologia di cui essere orgogliosi. Il simbolo della città? Un kebab o una bottega cinese?».
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