L’eredità di mister Cynar
A 93 anni, l’inventore del marchio Cynar Angelo Dalle Molle, lasciava questa terra dopo aver firmato il testamento in cui affidava a lei 32 milioni di euro. I figli hanno ricorso e questa volta ottenuto dal Tribunale ciò che chiedevano
Villa Barbarigo a Stra
VENEZIA.
A 90 anni si era sposato con la collaboratrice più stretta, di 40 anni più giovane: dopo il matrimonio i sei figli, concepiti da donne diverse ma tutti riconosciuti, avevano chiesto ai giudici veneziani di interdirlo nel timore che il suo patrimonio andasse disperso, senza però riuscire nel loro intento. A 93 anni, l’inventore del marchio Cynar Angelo Dalle Molle lasciava questa terra dopo aver firmato il testamento in cui affidava all’ultima «fiamma» 32 milioni di euro. I figli hanno ricorso e questa volta ottenuto dal Tribunale ciò che chiedevano: la parte di eredità legittima che la legge indica per i figli.
Angelo Dalla Molle era un imprenditore geniale: oltre a inventare e a produrre «l’amaro a base di carciofo» famoso non solo in Italia ma anche in mezza Europa, aveva fondato centri studi con sede a Lugano, quello che si occupava dell’intelligenza artificiale, e nello splendido edificio palladiano dove anche lui abitava, Villa Barbariga a Stra, quello che compiva ricerche sul motore elettrico per le auto. Nella sua vita aveva conosciuto e amato molte donne e aveva lasciato figli in mezzo mondo, oltre che in Italia, in Francia e in Brasile. Non si era, però, mai tirato indietro e li aveva riconosciuti tutti, alla fine erano risultati essere sei: Silvano, Alberto, Fabio, Aldo, Angelle e Francesca.
Nel processo concluso alcune settimane fa, il giudice veneziano Maura Caprioli nella sua sentenza scrive che il patrimonio lasciato dal vecchio imprenditore, quando nel 2001 morì tre anni dopo aver sposato la sua segretaria, era di 49 milioni di euro, tra immobili, quadri, altri oggetti e liquidi. Un’eredità piuttosto consistente, che con tutta evidenza, al momento delle ultime nozze, i figli temevano che in qualche modo sparisse, probabilmente per questo avevano chiesto al Tribunale di interdire il vecchio padre. In seguito ad una perizia psichiatrica, la quale stabilì che Angelo Dalle Molle era sanissimo di mente, la richiesta venne respinta. Dopo il decesso dell’imprenditore, uno dei timori dei figli divenne realtà: il testamento del padre lasciava tutto all’ultima moglie che, stando ai conti dei giudici veneziani, ha ereditato 32 milioni di euro, compresa la villa palladiana di Stra. Una cifra contestata dai figli che con gli avvocati Paolo Marra di Milano, Valeria Fabbrani e Giovanni Adami di Venezia, Lucio ed Ennio Avanzino di Mantova, hanno rivendicato una diversa suddivisione dell’eredità, dimostrando di aver ottenuto meno di quanto dovuto, cioè quello stabilito dalle norme per i figli, la così detta quota di legittima.
Con l’avvocato Luigino Martellato, la vedova Dalla Molle, Eleonora Bötner, si è costituita in giudizio e ha cercato di dimostrare che quando era in vita il marito aveva costantemente contribuito a mantenere tutti i figli, che avrebbero ricevuto complessivamente 24 milioni di euro. Aveva cercato di dimostrare che una delle figlie aveva ricevuto nel 1990 villa Mireille a Beaulieu sur Mer (in Costa Azzurra) per un valore di oltre 5 milioni di franchi francesi; che un altro aveva ricevuto un appartamento a Milano poi rivenduto per 8 miliardi di vecchie lire; che un terzo aveva acquisito con i fondi del padre la «Monaco Sports Nautiques» che importava in Franca e nel Principato i motoscafi Abbate; che un altro aveva acquistato il capitale della società di Novara «Mania spa» grazie al versamento nel 1995 di un miliardo e mezzo di vecchie lire.
Dopo 5 anni di battaglia giudiziaria, nel frattempo è deceduta a 59 anni anche la vedova, il Tribunale ha accolto il ricorso dei figli, anche uno di loro intanto è morto e a lui sono subentrati nella causa i suoi quattro figli, nipoti di Angelo. Nella sentenza si legge che non sono state fornite prove sufficienti per dimostrare che le cifre indicate da Eleonora Bötner siano davvero finite ai figli. Inoltre, il giudice Caprioli scrive che aver indicato come erede universale la moglie abbia leso la quota riservata ai figli e riconosciuta dalle legge, condannando la Bötner a cedere 7 milioni e 700 mila euro a loro.
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