Lega, Bossi a Venezia lancia la corsa alla Regione
Per il tradizionale appuntamento annuale del partito di Umberto Bossi (foto) in Riva dei Sette Martiri sono attesi fino a 50 mila militanti. Per il Carroccio il raduno di quest’anno è una celebrazione della maturità raggiunta anche in vista delle regionali 2010. In Veneto come nelle altre regioni, l’accordo Pdl-Lega infatti non si limiterà al candidato governatore, ma riguarderà un forte ticket
Il doge, scrive agli inizi del Seicento l’inglese Henry Wotton, ambasciatore presso la Serenissima, è frutto di un metodo di scelta che sa molto di chiostro, quasi fosse stato escogitato da un benedettino. E’ dura trovare punti di contatto tra Bossi e un monaco, ma a distanza di quattro secoli lo scenario non è affatto mutato: sbaglia chi pensa che il condottiero del Carroccio scelga l’odierno raduno di Venezia per annunciare il nome del futuro doge del Veneto che verrà intronato nel marzo prossimo.
Le ipotesi si sprecano in mille varianti: alcune attendibili, altre bizzarre; comunque inutili, visto che la decisione vera sarà adottata nel chiostro (se così si può chiamare) di Arcore tra i due priori, padre Silvio e padre Umberto. Senza che contino le preci di chicchessia, influenti abati o semplici chierici. L’unico punto fermo che si può porre è quello indicato da Calderoli: in Veneto come nelle altre regioni, l’accordo Pdl-Lega non si limiterà al candidato governatore, ma riguarderà un forte ticket.
Perché è vero che in teoria il Carroccio potrebbe correre da solo: nel meccanismo delle regionali, basta prendere un voto in più dei concorrenti per incassare il premio di maggioranza. Ma perché farsi del male a vicenda, quando si può vincere insieme a mani basse, almeno in Veneto e Lombardia? In realtà, l’odierno incontro di Venezia va visto come l’apertura vera e propria di una campagna elettorale lunga sei mesi, da qui a marzo: preceduta da un’abbuffata estiva di dichiarazioni, polemiche e sparate.
In questo senso, ciò che dirà oggi Bossi sul palco in Riva degli Schiavoni andrà valutato più in chiave interna che esterna: una consegna alle truppe non un messaggio ad alleati e avversari. Giunta a un indiscutibile successo tra politiche ed europee, la Lega ha bisogno di consolidarlo e renderlo stabile con il tris alle regionali, che sono ormai diventate l’equivalente delle elezioni di medio termine americane: ne sa qualcosa D’Alema, che in seguito al disastroso esito del 2000 si dimise da capo del governo. Ancora nel 2006, vale a dire solo tre anni fa, il Carroccio aveva il 4,2 per cento, metà del peso odierno: deve stabilizzarsi.
Nel Lombardo-Veneto, l’obiettivo si può dire conseguito. Ma se davvero vuole proporsi come referente dell’intero Nord, e non solo di una sua parte per quanto significativa, Bossi ha bisogno di rendere molto più robusta la sua presenza nel resto del territorio: a partire da quel Piemonte dove con ogni probabilità correrà con un proprio candidato. In termini assoluti, la Lega ha incrementato di molto il suo patrimonio di consensi: dalle europee 2004 a quelle 2009 è cresciuta di un milione e mezzo di voti, di cui 650 mila a Nordest.
Come partito di governo, è riuscita a tornare agli stessi livelli di quando cavalcava la secessione; e non è poco. Un politologo autorevole come Roberto D’Alimonte la descrive come una forza unita, con una precisa identità, un programma chiaro, una classe dirigente coesa e giovane, un forte radicamento territoriale: tutti requisiti che fanno difetto agli altri schieramenti. La si può contestare, ma non basta per contrastarla.
E tuttavia, senza aspettare che amici e avversari si riorganizzino, Bossi intende rinforzare le guarnigioni per diventare il riferimento dell’intero Nord, non solo di una riedizione del Lombardo-Veneto asburgico. A questo spronerà oggi i suoi da Venezia: convinto che un’efficiente squadra di oscuri marescialli conti almeno quanto un prestigioso corno dogale. Se non di più.
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