«La vendetta per 150 mila euro»

La confessione di Di Cicco: «Non ho dato quei soldi a Felice, per questo mi ha fatto arrestare»

VENEZIA. Riccardo Di Cicco, il dentista fiorentino ex cognato di Felice Maniero, sapeva che la vendetta nei suoi confronti da parte di “Faccia d’angelo” poteva essere dietro l’angolo. Lo avrebbe raccontato l’odontoiatra al giudice per le indagini preliminari durante l’interrogatorio di garanzia in seguito all’arresto, una settimana fa, con l’accusa di aver riciclato per anni il tesoro di Maniero. Di Cicco avrebbe parlato al giudice di un incontro avuto a fine dicembre 2015 con l’ex moglie Noretta Maniero, sorella dell’ex boss, durante il quale proprio Noretta avrebbe chiesto 150 mila euro a Di Cicco per “Felicetto” che stava attraversando un momento di grosse difficoltà economiche e che era senza contanti. Se Di Cicco non avesse ceduto alla richiesta di denaro - così avrebbe riferito Noretta - Felice avrebbe spedito in carcere sia lui che Michele Brotini, il broker anch’egli arrestato martedì scorso dalla Finanza e ora in cella a Treviso. Qualche giorno più tardi, dinnanzi ai mancati invii di denaro, “Faccia d’angelo” - secondo quanto avrebbe dichiarato il dentista al gip - avrebbe parlato durante un incontro dei 10 miliardi di euro (non 33 miliardi, come Maniero ha detto ai pm antimafia), dicendo che avrebbe dovuto sparare a Di Cicco già vent’anni prima.

Dichiarazioni, queste, che il dentista data a inizio gennaio 2016. Tre mesi più tardi, il 12 marzo, “Felicetto” si presenta in Procura e racconta la sua verità che fa scattare indagini, arresti e sequestri.

Riciclo sotto minaccia. Di Cicco avrebbe detto che dal 1995 avrebbe ricevuto dalla madre di Maniero, Lucia Carrain, e da un altro uomo i quasi 11 miliardi con l’incarico di custodirli e depositarli. Il tutto sotto minaccia che qualcosa potesse succedere alla sua famiglia. Di Cicco avrebbe aperto un conto a suo nome a Ginevra e gli emissari della banca sarebbero andati in Toscana a prendere i soldi che successivamente sarebbero stati spostati in altre banche a Lugano.

I prelievi con i “pizzini”. Dal 2002 al 2013 sarebbero stati effettuati i prelievi dai conti su richiesta di Maniero che mandava l’allora compagna Marta Bisello a Fucecchio con una sorta di “pizzini” arrotolati con l’importo accompagnato da una minaccia. Brotini avrebbe fatto compilare a Di Cicco i moduli e le banche a loro volta avrebbero mandato gli emissari con i soldi che il dentista consegnava a Bisello, mai direttamente a “Felicetto”.

Le ville e le auto. Di Cicco avrebbe chiarito che le tre ville in Toscana e le auto sarebbero state acquistate non usando il denaro di provenienza illecita ma attraverso mutui, titoli dati in garanzia e leasing.

Il rapporto con Brotini. Inizialmente, secondo Di Cicco, il broker non avrebbe saputo che i soldi provenivano dalla malavita. Poi però era stato lo stesso Maniero, stando a quanto avrebbe detto Di Cicco, a voler conoscere il broker, dandogli indicazioni su forme di investimento da usare. Brotini sarebbe anche stato minacciato da “Felicetto” per i mancati guadagni in alcune operazioni: l’ex boss si sarebbe fatto consegnare con la forza dal broker un assegno da 20 mila euro e proprio Di Cicco, sentendosi in colpa nei confronti del promotore finanziario per averlo trascinato in quel giro, gli avrebbe restituito 10 mila euro.

Il desiderio di dire basta. Era il 2004 e Di Cicco avrebbe meditato di smetterla con il riciclo, pensando di trasferire alcuni milioni sul conto estero di Marta Bisello. L’operazione era poi andata in fumo perché tracciabile e quindi troppo rischiosa.

Nessun prestito. Il dentista avrebbe ribadito al giudice più e più volte di non aver ceduto alle ultime richieste di soldi in prestito da parte di Maniero, nonostante le minacce e nonostante i tentativi di Noretta e di Morena Galasso (attuale compagna di Di Cicco) di placcare le domande di denaro anche con l’invio di piccole somme. Tutto invano: l’ex boss si è vendicato auto denunciandosi ai pm antimafia. (ru.b.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia