"La strada verso il nulla" e il parallelo tra set e vita reale
Un thriller di Monte Hellman è oggi in concorso alla Mostra del Cinema che si avvia verso la chiusura. Un film che piace, di altissimo livello ma non per il grande pubblico: è tra i favoriti per il Leone d'oro

Il regista Monte Hellman
VENEZIA. Giunge in coda a un concorso di ben alto livello "Road to Nowhere", il nuovo attesissimo film di Monte Hellman, e si candida subito tra i grandi favoriti della competizione di questa 67ma Mostra del Cinema di Venezia. E non solo - non tanto - perchè Hellman è universalmente riconosciuto come lo "scopritore" del presidente di giuria Quentin Tarantino (era stato lui a portare il progetto di "Reservoir Dogs - Cani da rapina" al workshop del Sundance Filmfestival, permettendone la realizzazione); ma soprattutto perchè "Road to Nowhere" è oggettivamente un'opera di altissimo valore, tra le più mature e complete di questa competizione.
Si tratta di un noir metafisico spinto nelle maglie di un delitto con mistero che finirà per stringersi attorno al collo dei protagonisti, in un progressivo avvitamento tra detection e fiction, tra ricerca della verità e estasi della finzione. Il protagonista è infatti un giovane regista, intenzionato a realizzare un film traendo spunto da un misterioso delitto che vede coinvolta una femme fatale e un politico del North Carolina, culminato nel probabile suicidio del secondo (il suo corpo è andato disperso nell'esplosione del suo biplano) e nella scomparsa della prima.
Lei si chiama Velma Duran, nome perfetto per una dark lady da porre al centro di un noir dall'intrigo inintelligibile, e il mistero che la segna è la vera ossessione del giovane regista e del suo film. Lo sceneggiatore vorrebbe spingerlo a scegliere per quel ruolo una star hollywoodiana, ma il regista finisce col prendere Laurel Graham, una sconosciuta e misteriosa donna che ha visto in un horror di serie B, ma che nel suo cuore incarna alla perfezione la vera Velma.
Sarà solo un'intuizione artistica, o forse il suggerimento di uno strano personaggio che si aggira sul set come tuttofare, ma che in realtà è un investigatore assicurativo, che sul mistero di Velma Duran sta indagando davvero. Il film finisce dunque col prendere la "strada a doppia corsia" (per citare il celebre road movie di Hellman "Two-Lane Backtop") della vita reale e della vita sul set, mentre il regista si innamora perdutamente di Laurel e la messa in scena sembra rivelare troppe verità nascoste legate al mistero che sta rappresentando per lo schermo. Hellman costruisce dunque un percorso a incastri spesso impercettibili tra la vita reale e la finzione, facendo di "Road to Nowhere" un film sul rapporto non tanto tra realtà e finzione, quanto tra finzione e finzione: quella che nasconde il mistero di Velma e quella del set.
Doppio e metafisico (come tutto il cinema di Monte Hellman, come i due indimenticati western gemelli interpretati dal giovane Jack Nicholson, "La sparatoria" e "Le colline blu"), "Road to Nowhere" è un film che sa essere limpido e opaco allo stesso tempo, un saggio di cinema nel cinema che riflette sul sistema di valori e sentimenti che governa il rapporto tra vita e set. Sospeso su un tono trasognato, volutamente confuso e equivoco, pensato come un saggio sul cinema noir e sulla figura della dark lady, questo nuovo capolavoro di Monte Hellman è quello che per David Lynch è stato "Mullholland Drive", ne proietta nella verità oggettiva della messa in scena l'intero apparato simbolico e onirico che Lynch introiettava nelle sue ossessioni e nel suo delirio perfettamente mentale.
Non è certo cinema per grande pubblico, ma "Road to Nowhere" è cinema di altissimo livello, che in una Mostra come questa che si avvia a conclusione non può certo restare fuori dal palmares conclusivo. Con buona pace del "conflitto di interessi" di Quentin Tarantino.
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