«La priorità è riformare la burocrazia»
De Vido: senza un radicale cambio di mentalità il Paese non svolta
«La rifondazione della macchina amministrativa è la sfida più difficile che si trova davanti il governo Berlusconi. E, con essa, il cambiamento della mentalità dei politici e del personale burocratico dello Stato. Contrariamente a quanto spesso si pensa, questa mentalità pesa più di leggi e norme». Andrea De Vido, amministratore delegato della Finanziaria Internazionale di Conegliano, è uomo di finanza con un solido osservatorio sull’economia reale del Paese e del Nordest: a questo proposito basti ricordare che Finint è l’azionista di riferimento di Save, società che gestisce l’aeroporto Marco Polo di Venezia. A De Vido abbiamo chiesto di commentare quanto emerso dalla nuova rilevazione relativa al panel One della Fondazione Nord Est, pubblicata ieri su la Nuova di Venezia e Mestre, il mattino di Padova e la tribuna di Treviso.
Dottor De Vido, infrastrutture, conti pubblici e fisco sono le prime aree in cui secondo gli intervistati bisognerebbe intervenire. Lei cosa ne pensa?
«Serve tutto, certo, ma il Paese è in una situazione di profondissima crisi, e a mio parere il primo settore da riformare è quello che genera le risposte ai bisogni della società, ovvero la nostra burocrazia, la nostra macchina amministrativa».
La riforma della burocrazia in che senso dovrebbe avvenire?
«La situazione è sotto gli occhi di tutti, rischio di dire banalità. Già sarebbe molto se leggi e norme fossero scritte in italiano invece che in burocratese. Ma c’è un aspetto di fondo che non trascurerei: è necessario un mutamento di mentalità, senza il quale questo Paese non si cambia».
Cambio di mentalità?
«Un caso come quello di Davide Cervellin, che attende da anni il pagamento di crediti da parte di un’Asl del Lazio, è inammissibile. E chi ribatte che in casi come questi, peraltro non rari, si debba fare causa allo Stato, è parte di questo andazzo inconcepibile. Trovo scandaloso che non sollevi scandalo se l’ormai ex ministro Amato non paga gli affitti per poter pagare la benzina ai mezzi della polizia. E’ una mentalità diffusa, va eliminata. Altrimenti non ci sono speranze».
Il governo ha giurato da pochi giorni, nasce con grandi aspettative degli imprenditori, lei però non sembra condividerle.
«Le mie considerazioni trovano origine dalla consapevolezza dei problemi italiani. Da questo punto di vista, i risultati delle elezioni sono una piacevole sorpresa, perché l’Italia sembra aver avvertito la gravità della situazione. E ha dato un mandato chiaro a Berlusconi, anche attraverso la semplificazione netta del quadro partitico. Sulla base di questi presupposti, sono ottimista. Volendo, ce la si può fare. Certo, dal governo non attendiamoci poteri taumaturgici, un’azione riformatrice profonda e seria potrà dare i primi frutti verso la fine della legislatura».
Nei primi cento giorni cosa si attende dal governo?
«Mi basterebbe il cambio di mentalità di cui si diceva e, in generale, un approccio riformatore di lungo periodo. Berlusconi dovrebbe lavorare come se i risultati attesi si concretizzassero per il suo successore. Tra cinque anni e oltre. Mi viene in mente la scuola: vedremmo i risultati di qualsiasi intervento tra cinque anni, se non tra dieci. Ecco, questo sarebbe l’approccio giusto».
Per la prima volta il Veneto ha tre ministri. Si è lamentata da più parti, in passato, la sotto rappresentazione del Nordest a livello governativo. Oggi il problema è superato?
«Chiaro, siamo in una situazione di forte discontinuità. Peraltro, in un tutt’uno con le ultime elezioni, che hanno prodotto la riduzione dei gruppi parlamentari e l’uscita dalle Camere della sinistra estrema. Siamo di fronte a uno tra gli usuali punti di svolta che costellano la storia italiana. Ma non voglio pensare che il Veneto possa trarre vantaggio dal fatto di avere tre ministri. Brunetta, Sacconi e Zaia debbono dare risposte ai problemi del Paese. Se poi il Nordest ne avrà vantaggi, tanto meglio. Ma guai ad avere un’ottica provincialistica».
Si aspetta un’accelerazione in senso federalista?
«Possibile. E comunque il federalismo per me è giusto, a patto che contenga elementi di gerarchizzazione. Il Corridoio 5 non può essere reso soggetto a poteri decentrati, sennò non si farà mai. Alcune priorità debbono essere decise a livello centrale, e negoziate a cascata ma in tempi compatibili con il mondo reale. Qui attendiamo da vent’anni il completamento del tratto Conegliano-Sacile dell’A28, con i costi in vite umane, ambientali ed economici che sappiamo. Inammissibile».
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