La preferenza elettorale bisex blocca lo Statuto
La proposta del Pd (obbligo di indicare un candidato e una candidata per chi esprime due opzioni sulla scheda) divide la Commissione. Accordo, invece, sul regolamento: limitati i tempi di discussione. Il nodo degli assessori esterni
Laura Puppato
VENEZIA.
Se i padri della Costituzione repubblicana avessero adottato lo stesso ritmo, l'Italia sarebbe retta ancora dallo Statuto albertino. Il Veneto, unico lembo del Paese ancora privo dello Statuto regionale, ha rinviato - una volta ancora - l'approvazione della "carta delle regole" e con essa la riforma elettorale, il nuovo regolamento dell'attività amministrativa e la revisione del suo sistema istituzionale.
Quella di ieri, sembrava la tappa conclusiva dell'esame in Commissione. Raggiunta un'intesa pressoché generale, sul tappeto restavano due questioni. La definizione dei tempi di discussione in aula e l'introduzione del voto di fiducia sulle delibere di giunta, innovazioni che il governatore Luca Zaia giudica essenziali per garantire snellezza e tempestività agli atti di governo. Di altro avviso l'opposizione, che definisce «atto d'imperio» l'eventuale ricorso al voto di fiducia e, pur dichiarandosi disponibile a contingentare i tempi degli interventi, respinge norme limitanti dei diritti della minoranza. Dopo l'ennesimo braccio di ferro - e grazie alla mediazione del presidente Carlo Alberto Tesserin e del capogruppo pidiellino Dario Bond - la Lega, per voce del suo speaker Federico Caner, ha riposto nel cassetto il voto di fiducia e il Pd, con Carlo Reolon, ha accettato di predefinire i tempi del dibattito.
L'accordo sul regolamento prevede di assegnare 24 ore "nette" di discussione alle leggi "speciali" (finanziaria, bilancio, adeguamenti comunitari) e di contingentare, di volta in volta, i tempi di quelle ordinarie; in questo caso sarà la conferenza dei capigruppo, presieduta da Clodovaldo Ruffato, a dettare l'indirizzo previa consenso di tre quarti dei componenti; in ogni caso l'esame non potrà prolungarsi oltre le 20 ore, con interventi limitati a 10 minuti, ridotti a 5 per gli emendamenti. E così sia.
Fumata bianca allora? No, perché dal cilindro di Laura Puppato (ieri in missione romana ma presente in spiritu a Venezia) è emersa la questione quote rosa. La capogruppo democratica insiste perché la presenza femminile sia garantita per legge sia in giunta che in consiglio. Ma non è tutto. Forte del sostegno del segretario Bersani - che ne farà un cavallo di battaglia della prossima campagna elettorale - Puppato propone l'opzione della preferenza bisex. Ovvero: nel futuro prossimo, chi si reca alle urne per rinnovare l'assemblea veneta, potrà scegliere se esprimere un'unica preferenza - in "totale libertà" - oppure due; in questo caso, però, dovrà optare per un candidato e per una candidata.
L'idea fa storcere il naso alla maggioranza e, in verità, non sembra suscitare entusiasmo neppure tra l'opposizione ma rappresenta un nodo da sciogliere prima del sì definitivo. A complicarlo, il disaccordo sulla quota di assessori esterni "concessi" al governatore: il centrodestra propone di ridurli da 12 a 6, il centrosinistra preferirebbe eliminarli del tutto. A questa partita è legata anche la definizione del numero complessivo di consiglieri.
Morale della favola: nonostante Tesserin si affanni a lodare lo spirito collaborativo che anima la commissione, il voto finale slitta ancora. Tant'è. Se si considera che al sospirato sì dei commissari dovrà seguire la discussione e la ratifica da parte del consiglio, l'annunciata approvazione dello Statuto entro il 6 settembre appare uno schietto atto di fede.
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