Intascavano i soldi dei biglietti al Garage San Marco
Trentamila euro in tre mesi da dividersi in sette. Un secondo stipendio che si garantivano truffando il proprio padrone, la Società Garage San Marco, che gestisce l'omonimo parcheggio di piazzale Roma. I sette facevano la cresta su quanto pagavano i clienti: sono stati tutti denunciati dai carabinieri
L'ingresso del Garage San Marco
VENEZIA. Trentamila euro in tre mesi da dividersi in sette. Un secondo stipendio che si garantivano truffando il proprio padrone, la Società Garage San Marco che gestisce l'omonimo garage di piazzale Roma. I sette, sul modello dei dipendenti infedeli di Actv, facevano la cresta su quanto pagavano i clienti che utilizzavano la struttura per parcheggiare l'auto. Ieri mattina i carabinieri della Compagnia di Venezia hanno eseguito le sette ordinanze di obbligo di dimora nei comuni di residenza, emesse dal gip di Venezia su richiesta del pm Giorgio Gava. Tutti devono rispondere di frode informnatica. Perquisite le loro abitzioni e sequestrati i conti correnti di cui erano intestatari.
L'indagine dei militari, diretti dal capitano Domenico Troiani, prendono avvio ad aprile. Diversi clienti del garage si lamentano perché all'uscita l'adetto alla sbarra si trattiene lo scontrino fiscale e, inoltre, si accorgono che l'ora riportata dallo stesso documento è di parecchio antecedente all'ora del pagamento effettuato. Alcuni si sentono dire dal responsabile della cassa che molto probabilmente i tratta di un errore dello stesso registratore di cassa. Ma ai più attenti il fatto appare molto anomalo. Da qui la segnalazione ai carabinieri.
I militari decidono di vederci chiaro e, per verificare se il racconto degli automobilisti è corretto e non si tratta di un semplice caso, si fingono pure loro clienti e parcheggiano la vettura. E in diverse occasioni hanno la riprova che quanto detto dai clienti è vero. Gli investigatori si chiedono perchè l'adetto alla sbarra si trattenga lo scontrino fiscale e perché questo spesso riporta un'ora antecedente a quella dell'uscita. Capiscono ben presto che in questa maniera alcuni dipendenti facevano la cresta sugli incassi del garage.
Gli «infedeli» avevano studiato un sistema semplice ma efficace per trattenersi parte degli incassi. Quando il cliente si presentava alla cassa per pagare, dopo aver consegnato il tagliandino ricevuto all'entrata pagava l'importo e, in cambio, gli veniva restituito lo stesso tagliandino e lo scontrino fiscale. All'uscita li consegnava entrambi all'addetto alla sbarra che, certe volte, si tratteneva lo scontrino fiscale. Successivamente lo consegnava al complice che in quel momento prestava servizio alla cassa. Questi lo metteva da parte e, in un momento successivo, lo dava ad un nuovo cliente che andava a pagare. In pratica questo secondo pagamento non veniva registrato in cassa e il denaro finiva nelle tasche dei dipendenti infedeli. In questi mesi d'indagine i carabinieri hanno stabilito che a comportarsi così sono stati sette dipendenti del garage residenti tra Mestre, Spinea e Mira. Tra loro anche delle donne.
Gli investigatori dell'Arma - che hanno utilizzato anche strumenti elettronici per compiere le indagini in accordo col pm Gava - avevano ipotizzato il reato di furto aggravato, che poi nelle ordinanze il gip ha derubricato nel reato di frode informatica. Ora verranno analizzati i conti correnti sequestrati ai sette.
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