Inchiesta Palude, l’assessore Zuin: «Così Brugnaro propose i suoi terreni a Kwong»

L’assessore al Bilancio del Comune di Venezia racconta ai pm di essere stato svegliato per incontrare il magnate. E Colle: «Dallo staff del sindaco l’indicazione di deprezzare palazzo Papadopoli»

Roberta de Rossi
L'assessore Zuin con il sindaco Brugnaro
L'assessore Zuin con il sindaco Brugnaro

«Non ho memoria delle parole del sindaco, ma ricordo con esattezza che stava proponendo al finanziere i terreni dei Pili. Brugnaro dava assicurazioni al Ching sulla possibilità di edificare. Distratto dalla prospettiva di vendere i palazzi (Donà e Papadopoli, ndr), ho sottovalutato la circostanza che il sindaco Brugnaro stava promuovendo la vendita dei suoi terreni dei Pili», mette a verbale l’assessore al Bilancio Michele Zuin.

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«Non ricordo alcuna pressione per far deprezzare l’immobile di palazzo Papadopoli», dichiara da parte sua l’ex vicesindaca Luciana Colle (con delega al riordino del Patrimonio), che poi puntualizza: «Avevo saputo dell’interesse del cinese Ching all’acquisto dei palazzi tra cui Papadopoli; avevo avuto indicazione da Ceron o da Donadini (o forse entrambi perché si muovevano di concerto), della necessità di far abbassare il prezzo di 14 milioni approvato solo l’anno prima. Non è mia l’idea di rivedere la stima del bene, perché non avrei avuto alcun interesse come referato. Tutta la questione della valorizzazione dell’immobile è da ricondursi allo staff del gabinetto del sindaco. Preciso che non ho avuto alcun rapporto con Ching, i suoi emissari o trattato la vendita dell’immobile».

A verbale negli atti di “Palude”, sentiti come persone informate dei fatti dai pm Federica Baccaglini e Roberto Terzo, l’assessore al Bilancio Michele Zuin e l’allora vicesindaca Luciana Colle dicono che la questione “Pili-Papadopoli” è stata curata da Brugnaro e dal suo staff: Morris Ceron (allora capo di gabinetto, oggi direttore generale del Comune) e Derek Donadini (vice capo gabinetto); e di non aver mai discusso di abbassare il prezzo di palazzo Papadopoli da 14 a 10,8 milioni.

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Zuin: «Convocazione inusuale»

L’assessore Zuin e l’ex vicesindaco Colle si chiamano fuori da qualsiasi coinvolgimento nella vendita dei palazzi Donà e Papadopoli al magnate e tanto più dalle trattative per cercare di vendere l’area dei Pili a Chiat Kwong Ching, ritagliando per sé, in quest’occasione, un ruolo da “figuranti”. Ma - sentiti dai pm - aggiungono particolari precisi.

È il 24 aprile 2016, è domenica mattina e piove a dirotto su Venezia, quando Morris Ceron “butta giù dal letto” l’assessore Zuin, convocandolo seduta stante a nome del sindaco, «per un evento, inusuale, in cui avremmo ricevuto istituzionalmente un investitore internazionale e al sindaco faceva piacere la mia presenza», dice Zuin, «Mi sono alzato in fretta e furia e ho raggiunto la sede del Comune dove ho trovato gli ospiti, la mia collega Colle, Ceron e il sindaco. Non c’è stata alcuna preparazione tra noi: io e Colle eravamo spettatori mentre la direzione dell’incontro era del sindaco Brugnaro e di Ceron. Mi sono sentito di essere lì solo a titolo di rappresentanza istituzionale. Un’occasione (replicata per la visita di Renzi) in cui l’amministrazione di Venezia si presentava ai massimi livelli».

«Il sindaco promuoveva i suoi terreni»

«La riunione mi ha visto spettatore», insiste Zuin a verbale, «mentre la conduzione era gestita dal sindaco. Si è parlato di due palazzi Donà e Papadopoli sui quali il finanziere poteva investire acquistandoli, in quanto patrimonio del Comune. Vendita che mi vedeva certamente favorevole poiché mi occupavo del bilancio comunale che avevo ricevuto in dote e che era in una situazione molto deficitaria. La prospettiva di vendere due palazzi messi a bilancio per diversi milioni (Papadopoli era stimato 14 milioni) era per me, assessore al Bilancio, certamente favorevole».

Poi, quella domenica, il sindaco inizia a parlare al magnate dell’area dei Pili: «Sapevo che era di proprietà del sindaco o di una sua società, ma non tutto quello che c’era dietro o la destinazione dei beni. Sapevo che era un sito inquinato che andava bonificato. I dettagli li ho appresi negli anni successivi, in Consiglio comunale e dalla stampa. Il sindaco ne ha parlato nel suo modo esuberante, non ci ho fatto molto caso, l’ho imputato alla sua indole. Ho pensato avesse voluto buttare dentro anche questa cosa, facendo una presentazione della città di Venezia. Confermo che il sindaco ne ha sicuramente parlato e esibito al Ching le foto dei Pili: era usuale quando si incontrava un investitore preparare foto-schede».

Interessato alla prospettiva di battere cassa con i palazzi - dice Zuin - «ho sottovalutato la circostanza che il sindaco Brugnaro stava promuovendo la vendita dei suoi terreni dei Pili. Aveva dichiarato alla stampa che sui Pili non avrebbe fatto mai niente, non ho memoria che in giunta abbia mai parlato dei Pili e del loro utilizzo: sapevo che c’era un grosso problema ambientale». Dopo di ché - aggiunge - «né il sindaco né Ceron mi dissero che gli emissari del cinese erano già venuti in città nelle settimane precedenti e non ho più avuto notizia dei rapporti con il finanziere. Come assessore al bilancio ho solo contabilizzato l’introito della vendita dei due palazzi. Non sono mai stato messo a parte di trattative sulle stime del valore degli immobili».

E conclude: «Sono in grado di affermare con certezza che se vi sono state trattative o attività concrete in proposito ai Pili queste hanno riguardato Luigi Brugnaro e i suoi collaboratori Ceron e Donadini, non l’istituzione comunale, né oggetto di riunioni di maggioranza, se non per una posizione difensiva del sindaco Brugnaro, ossia nella prospettazione di realizzarvi non gli interventi residenziali e commerciali di cui lo accusavano, bensì un’arena in un parco attrezzato. Mai saputo da Brugnaro e i suoi collaboratori che avevano fatto visita alla Mercedes Arena di Berlino: l’ho letto sui giornali».

Colle: «Io non della cerchia fucsia»

Anche l’allora vicesindaca Luciana Colle venne chiamata da Ceron, quella domenica di aprile: «Ero chiamata a questi incontri solo per far numero, non interloquivo neanche. Nessuno dello staff del sindaco mi ha detto che vi era già stato n primo incontro con gli emissari del finanziere con Ceron e questi gli aveva illustrato possibilità di investimenti. Nel convocarmi all’incontro nessuno mi ha detto di cosa si sarebbe trattato e chi vi avrebbe preso parte. La cosa può sembrare strana ma si spiega con il fatto che io non appartenevo alla cerchia dei “fucsia” ossia i consiglieri e assessori del partito del sindaco, il quale decideva tutto da solo».

Nel merito, Colle aggiunge che «solo durante l’incontro ho appreso della possibilità che il finanziere cinese facesse investimenti a Venezia e avrebbe potuto acquisirne degli immobili e farne alberghi. A un certo punto è uscita l’area dei Pili quando il sindaco Brugnaro ha detto “So che tu hai fatto il water front sul Tamigi” e quindi subito dopo ha aggiunto che c’era la possibilità di fare un’operazione analoga a Venezia: in quel momento è uscita la mappa dei Pili e le foto aeree. Ricordo che era Brugnaro a illustrare i punti. Non è stato convocato all’incontro Boraso (allora assessore alla gestione del Patrimonio, ndr) e neppure l’assessore De Martin (Urbanistica)».

Colle conosceva bene i Pili in quanto già dirigente dell’Agenzia del Demanio che li aveva venduti all’asta a Brugnaro. Alla Procura ha portato la dichiarazione di conformità urbanistica del Comune datata 2004 che indicava l’area come parte del «parco di San Giuliano destinandola a parco pubblico, attività di gioco, viabilità, attrezzature a uso comune, spazi pubblici e di quartiere, verde e parcheggi».

«Prendo atto», conclude Colle a verbale, «che nell’incontro di aprile 2016 il sindaco Brugnaro ha offerto al finanziere cinese opportunità edificatorie anche residenziali su quei terreno. In quel momento non ho colto la rilevanza dei discorsi. Non mi ero resa conto che il sindaco di Venezia stesse dando assicurazioni al finanziere cinese sull’edificabilità di terreni di sua proprietà privata».

 

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