Il segretario del Pd replica all'ex-sindaco"In Europa anche senza Costa"
Il segretario regionale replica all’ex sindaco di Venezia: «Non si sono verificate le condizioni per poterlo ricandidare. All'inizio ci mancheranno le sue competenze, ma poi andrà meglio»
VENEZIA.
«Paolo Costa ha svolto un ruolo importante come presidente della commissione Trasporti in Europa. Ma accanto alla competenza bisogna cercare le intese, e questo non c’è stato. Non si sono verificate le condizioni a livello locale e nazionale per poterlo presentare come capolista. Mi dispiace e lo ringrazio: sono certo che contribuirà a lavorare per il futuro del Partito democratico». Una risposta fredda, volutamente lontana dalla polemica, quella che il coordinatore regionale del Pd Paolo Giaretta invia a Paolo Costa il giorno dopo aver letto sulla Nuova del ritiro dell’europarlamentare in polemica con il suo partito.
L’ennesimo «strappo» che oppone l’ex sindaco, e attuale presidente dell’Autorità portuale al Pd di Franceschini. L’ultima polemica di fuoco era stata pochi mesi fa. Quando Costa era stato nominato a sorpresa al vertice dello scalo veneziano su proposta del governatore Galan e di Silvio Berlusconi, primo atto del governo di centrodestra. Contro il parere del sindaco Cacciari e del presidente della provincia Davide Zoggia. L’altro strappo era stato quando Costa aveva accettato di ricoprire il ruolo di commissario straordinario per l’aeroporto Dal Molin, la nuova base americana di Vicenza. Anche qui in aperto contrasto con il sindaco di Vicenza e il Pd locale, vincitori anche del referendum. Due vicende che sicuramente hanno pesato sul giudizio del partito Democratico veneto, che ha deciso di non inserire Costa nella lista di proposte inviata a livello nazionale.
«Non basta essere bravi tecnocrati», azzarda Laura Fincato, ex parlamentare e assessore alla Pianificazione della giunta Cacciari, indicata dal Pd come candidata per Bruxelles, «bisogna dialogare con le istituzioni. Mi pare che Costa negli ultimi casi non ne abbia tenuto conto». Ha pesato, a quanto pare, anche la questione del doppio incarico. In questo caso sarebbe stato triplo, visto che l’ex sindaco ha mantenuto all’atto della nomina al vertice del Porto il suo incarico di europarlamentare e presidente della commissione Trasporti dell’Ue e quello di commissario per il Dal Molin. Anche qui la riconferma di Costa per la terza volta consecutiva avrebbe forse contraddetto i principi di rinnovamento del nuovo partito di Franceschini. «Così perdiamo autorevolezza, competenza e autorevolezza vengono buttate via», ha scritto senza modestia Costa a Giaretta. «Beh forse in un primo tempo sarà così», si lascia sfuggire Giaretta, «ma abbiamo altre persone di qualità. Sono sicuro che impareranno presto». L’ex rettore diventato ministro dei Lavori pubblici su chiamata di Prodi nel 1997 aveva messo piede a Bruxelles nel 1999. Prime scintille l’anno seguente, all’epoca della sua nomina a sindaco sostenuta da Massimo Cacciari - che poi se n’è pentito - e del ticket durato solo due anni con Michele Vianello. Il divieto al doppio incarico allora era stato applicato soltanto a Vianello, che si era dovuto dimettere da vicesindaco. Costa aveva tenuto l’Europarlamento.
Attaccato dai suoi compagni di giunta rossoverdi quando aveva sostenuto a Bruxelles l’intero pacchetto di grandi opere presentato dal governo Berlusconi e dal ministro Lunardi (Mose, sublagunare, corridoio 5, ponte sullo Stretto). Altre polemiche nel 2003, quando Costa aveva votato a favore del Mose nonostante il voto del Consiglio comunale che aveva posto 11 punti vincolanti prima del via libera.
Adesso lo strappo, forse definitivo, con il Pd. Qualcuno ipotizza che l’ex sindaco nominato da Berlusconi al Porto e al Dal Molin possa presentarsi con una sua lista civica alle prossime elezioni per il sindaco. Ma questa è ancora un’ipotesi. Si sa intanto che non correrà per Bruxelles. Dove nel 2004 era entrato grazie alla rinuncia di Lilli Gruber, non avendo conquistato sufficienti preferenze per l’elezione.
E stavolta per il Pd sarà ancora più dura. Se la strada è in salita per i partiti minori del centrosinistra, vista la soglia del 4 per cento decisa dal Parlamento, stando ai sondaggi il partito Democratico potrebbe portare a casa nel Nord Est (circoscrizione Veneto-Emilia) non più di quattro europarlamentari. Due spetteranno naturalmente all’Emilia Romagna, uno al capolista che sarà con ogni probabilità designato da Roma («Ma è un errore, mi batterò anche pubblicamente contro questa ipotesi», annuncia Giaretta). Uno solo dunque, a meno di miracoli, il posto che spetta ai veneti. E le indicazioni per i candidati riguardano adesso Laura Fincato (Venezia), Franco Frigo (Padova), Gabriele Frigato (Rovigo). Mentre Flavio Zanonato, sindaco di Padova, rinuncia alla candidatura per le europee, propostagli dal Pd veneto, e si concentra sulla corsa per la rielezione al municipio del capoluogo euganeo.
Le chances di Laura Fincato si fanno più concrete. Un ritorno alla grande per l’ex parlamentare vicentina vicina al ministro Treu, ex socialista e sottosegretaria agli Esteri negli anni Novanta. La decisione ufficiale sarà presa nella riunione della segreteria nazionale del Pd convocata a Roma per il 21 aprile.
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