Il rilancio di Olimpias «Pronti alla fast fashion»

PONZANO VENETO. È il cuore industriale tessile del grande impero finito sotto la Holding di Edizione e ancora oggi rappresenta l’anima da cui è partito tutto, a iniziare da quel primo gomitolo di lana gialla. L’azienda si chiama Olimpias è retta da Christian Benetton, figlio di Carlo, il “tecnico” dei quattro fratelli che nel 1965 fondarono la United Colors a Ponzano Veneto. Con la scissione in tre del business di Benetton Group operato nel 2015, Olimpias ha ereditato tutta la parte produttiva legata all’abbigliamento, lasciando alla nuova Benetton Srl solo il business commerciale; mentre gli immobili sono finiti a bilancio di Edizione Property.
Nata negli anni Ottanta come manifattura di tessuti e filati, Olimpias è riuscita a crearsi in 30 anni una propria identità nel mercato della moda servendo clienti come Armani, Diesel, Hugo Boss, Lacoste, Banana Republic e Inditex che ha il marchio Zara. Poi, due anni fa, l’occasione di evolvere il business storico integrando anche il prodotto finito, ovvero il capo di abbigliamento. Ma la sfida dello sviluppo si gioca adesso: nella conquista di nuovi clienti nel mercato dei colossi Zara, H&M e Ovs. Oggi solo il 15% del fatturato Olimpias si riferisce al business storico dei tessuti e filati, l’85% viene dall’abbigliamento. «A giorni ci sarà la presentazione della prima collezione di abbigliamento per la primavera estate 2018 uomo/donna e bambino. Siamo pronti» spiega Christian Benetton.
Presidente, quali gli obiettivi di crescita per il prossimo biennio?
«Il fatturato 2016 si è chiuso sulla scia dei quasi 400 milioni del precedente bilancio (392,3 milioni nel 2015, ndr). Il piano industriale lanciato nel 2015 per il triennio fino al 2018 ha previsto 20 milioni di investimenti, circa 8 milioni l’anno. L’obiettivo per il 2017-18 è di una crescita dei ricavi tra il 5 e il 10% l’anno».
Olimpias è pronta ad affrontare il mercato veloce e competitivo della fast fashion?
«Fino al 2014 Olimpias era controllata da Benetton Group; ma con la riorganizzazione è stata scorporata e, nella scissione, si è “guadagnata” tutte le piattaforme produttive dell’abbigliamento Benetton che vantano oltre 30 anni di competenza. Oggi contiamo 12 stabilimenti tra Italia, Tunisia, Croazia, Serbia e Romania per 3 mila addetti, 700 in Italia, e quasi 15 mila indiretti. Sono serviti due anni per riorganizzare la struttura operativa ma oggi siamo a un punto zero, il primo anno dove ci rivolgiamo al mercato dell’abbigliamento. I prossimi anni saranno impegnativi».
È una sorta di salto per essere indipendenti dalla “casa madre”?
«Olimpias ha una forza di 50 milioni di capi l’anno e non vuole essere legata solo alla casa madre. Il salto di qualità sarà proporci all’esterno con il capo finito. Abbiamo il vantaggio euro-dollaro, siamo vicini ai nostri clienti e offriamo loro velocità di reazione con produzioni flessibili e rapide, dalle 5 alle 8 settimane per la consegna con riassortimento continuo. Partiremo dai clienti che conosciamo già, perché sono i più grandi per fatturato e vendita: a portafoglio ne contiamo 500 ma solo 80 sono big».
Possiamo immaginare che la prima porta a cui andrete a bussare sarà quella di Inditex?
«Olimpias si muoverà nel segmento mass market, l’obiettivo è arrivare a un 50% del fatturato legato a Benetton e il resto da terzi. Non vogliamo aumentare la capacità produttiva, non ce n’è bisogno, quello che faremo di più andrà ad aggiungersi alla produzione Benetton».
È una strategia pensata per colmare eventuali minori richieste produttive di Benetton?
«Mettiamo le mani avanti, la speranza è che i volumi aumentino per tutti ma per Benetton può diventare facile approvvigionarsi da altri fornitori, speriamo che i volumi restino stabili ma talvolta essere troppo vicini alla casa madre può essere … complicato».
Quindi?
«Non vogliamo essere solo esecutori dei disegni dei clienti, ci proponiamo con una nostra collezione al mercato e anche a Benetton. Possiamo essere propositivi per chiunque, anche per la casa madre. Abbiamo un team di stilisti e uomini prodotto. Siamo verticali e orizzontali perché dalla maglieria al jeans ci muoviamo su ogni prodotto».
Avete preso in considerazione il business delle licenze e anche una possibile e futura collezione a marchio Olimpias?
«No, resteremo una “invisible company”, vogliamo essere considerati dei partner».
Investimenti nella manifattura 4.0 sono previsti?
«Produrremo capi ecosostenibili legati a una fabbrica green e 4.0. In Serbia è già operativo, con un investimento di 40 milioni, un parco di 60 macchine per la lavorazione di maglieria a unico filo di lana e senza cuciture. Quest’anno parte invece il progetto di prototipazione 3d».
Lei siede nel Cda di Benetton e nel comitato consultivo di Edizione. Qual è stata la sua reazione allo strappo di Alessandro, suo cugino?
«Ognuno ha le proprie idee. C’è sempre stato un confronto aperto e lui ha voluto dare un segnale non di disaccordo, io credo, ma di cambiamento, perché sono state dette e fatte tante cose, ma lui chiedeva più forza nel rilancio. Posso non essere d’accordo nei modi ma il senso della sua mossa penso sia condivisa da tutti».
Il business tessile nel grande impero Benetton è l’unico oggi in sofferenza…
«La concentrazione e gli sforzi sull’abbigliamento ci sono e sono importanti, perché la famiglia ci crede ancora molto. Siamo nati con l’abbigliamento e abbiamo fiducia in nuovi sviluppi da raccogliere, nelle crisi si devono sempre trovare le motivazioni giuste per fare meglio».
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