Il Nordest al governo: misure anticrisi

La classe dirigente veneta a Berlusconi: fisco e costo del lavoro siano più leggeri
Infrastrutture, risanamento dei conti pubblici, Fisco. Apparentemente l’elenco delle priorità che le classi dirigenti venete consegnano al neonato governo di Silvio Berlusconi, ha il tenore di tante altre invocazioni rivolte a Roma da questa parte d’Italia. Eppure il panel di One, consultato dalla Fondazione Nordest nella sua rilevazione mensile, non si presta a letture scontate. Infatti da una parte, come emerge dalle tabelle a lato, i settori di intervento indicati come più urgenti per rilanciare la competitività del Paese lasciano in secondo piano voci come sicurezza, famiglia, giustizia, pensioni e welfare, immigrazione e ambiente, insomma i temi a maggiore respiro sociale. Dall’altra parte, riguardo alle strategie specificamente economiche, il campione invoca soprattutto misure di impatto immediato sulla redditività delle imprese: alleggerimento della pressione fiscale, riduzione del costo del lavoro, sostegno dei consumi.


La rilevazione, effettuata dopo la scadenza elettorale del 13 e 14 aprile, esprime insomma la preoccupazione sulle ragioni competitive dell’Italia e del Nordest, valorizzando allo stesso tempo i caratteri darwinistici - piuttosto che quelli solidaristici - della società veneta. Quanto al primo aspetto, va ricordato che le analisi congiunturali diffuse in questi giorni dalle categorie economiche, valga per tutte quella di Confindustria Veneto, rappresentano un orizzonte competitivo in peggioramento. E’ infatti crescente il pessimismo degli addetti ai lavori circa la capacità delle nostre imprese di mantenere margini adeguati in corrispondenza di un rapporto sfavorevole tra dollaro ed euro, e di rincari di materie prime e petrolio vissuti come ulteriori elementi sfavorevoli. Non si capisce altrimenti l’insistenza del panel di One sulla «riduzione del costo del lavoro», che con il 20,7% delle prime risposte è considerata tra le priorità economiche inderogabili per il governo.


Sull’altro versante, quello da cui sembra trasparire un invito a Berlusconi a liberare gli «spiriti animali» del territorio, sorprende un po’ che temi come famiglia, welfare e la stessa sicurezza siano così indietro nella graduatoria. Di sicuro incidono le caratteristiche sociali del campione - molti tra coloro che hanno risposto sono imprenditori - di certo comunque il sondaggio misura una temperatura della società orientata più del solito su un’impostazione economicistica. Una lettura che comunque non esclude sfumature importanti, come il perdurante interesse attribuito al federalismo, oppure - meno scontato - quello associato a scuola e università, quinta scelta complessiva con il 9% delle scelte alla domanda sulle aree cruciali in vista del rilancio della competitività nazionale. Più in generale, il risultato del sondaggio segnala una certa distanza del campione rispetto alle questioni sollevate nelle settimane più calde (o se si vuole meno torpide) della campagna elettorale. L’esempio più chiaro è la posizione mediocre attribuita alla sicurezza, che totalizza il 7,8% delle risposte sulla competitività.


Ma anche il tema della produttività, agitato a lungo in chiave elettorale dalle forze politiche in campo, non rimane esattamente in cima all’agenda. Lo evidenzia la considerazione che ricevono la leva degli sgravi fiscali alle imprese interessate a investire in ricerca e in innovazione (12,1% delle prime e seconde scelte) e quella della detassazione degli straordinari (7,5%). Segnali di come, anche di fronte al clima economico recessivo che si prospetta, il modello veneto rimanga orientato a una logica di sviluppo ancora estensivo. Del resto una società che esprime ancora una tale etica lavoristica, e che d’altra parte dispone di abbondante manodopera straniera, sembra avvertire più i rigori a breve del caro euro e del caro petrolio che la necessità di elevarsi qualitativamente.

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