Il maratoneta e la lezione della Laguna

VENEZIA.
Ha tenuto, eccome se ha tenuto. Il centrosinistra veneziano, ferito meno di un anno fa dalla sconfitta alle elezioni provinciali che hanno consentito alla Lega di espugnare Ca’ Corner, si è preso ora una grossa rivincita liquidando al primo turno la pratica relativa al Comune di Venezia. Con un successo netto, mai stato in discussione sin dalla spoglio delle prime schede, l’avvocato Giorgio Orsoni ha battuto il ministro Brunetta e tutta la coalizione di centrodestra che solo il giorno prima stappava fiumi di champagne per brindare alla larghissima vittoria alle Regionali. Un successo tutt’altro che scontato, per la potenza di fuoco messa in campo dal centrodestra e dallo stesso Brunetta, per il quale si sono scomodati nove ministri e al quale non sono mancati spazi su media e tv nazionali; ma nel quale Orsoni e il suo mentore, l’ex sindaco Cacciari (bisogna abituarsi, suona strano chiamarlo «ex») hanno invece sempre creduto. Rilette col senno di poi, le dichiarazioni ottimistiche della vigilia prendono un significato più chiaro e riportano al vecchio senso della politica reso estraneo ai più dalla dialettica-slogan e dai messaggi ad effetto del berlusconismo. Orsoni e Cacciari, forse vero grande regista di questa vittoria che fa di Venezia una straordinaria isola di resistenza allo strapotere leghista nel Veneto, hanno visto giusto fin dall’inizio puntando su un’alleanza larga - dall’Udc a Rifondazione - mai tentata prima. Orsoni l’ha detto sempre: se ho accettato, è perchè ci credo. E Cacciari, pur stanco di fare il sindaco, da tempo incalzava il Pd perchè venisse a patti con Casini. Lo ha spiegato in un forum alla Nuova nel novembre del 2008, e poi è riuscito ad attuare questo progetto nella sua Venezia. Oggi i fatti gli danno ragione, anche se la chiave Udc non può essere considerata l’unica spiegazione del successo del centrosinistra in laguna.

Orsoni, giudicato poco aggressivo (come se urlare fosse una virtù), si è rivelato affidabile come un diesel. Riflessivo, rassicurante, capace di ascoltare, ha segnato il ritorno ad un rapporto stretto tra politica e cittadini. E’ partito lentamente, con ritmo da passeggiata domenicale, ma questa bassa velocità di crociera gli ha permesso in realtà di «vedere» meglio Venezia e Mestre, e di intercettare più esigenze di quanto sembrasse. Una maratona, la sua, da politico «terrestre» e non marziano, conclusa con una vittoria larga, forse - va detto - al di là delle sue stesse aspettative. Adesso lo aspetta un compito difficile, a partire dalla composizione della giunta, e vedremo se le virtù che lo hanno portato sulla poltrona di Cacciari si trasformeranno in qualità amministrative, come la città si aspetta e si merita. Dietro l’anomalia Venezia, che resta una bestia nera per la Lega, c’è tuttavia anche un dato che riguarda il ministro Brunetta, bocciato nelle urne e ora in polemica con i suoi alleati, accusati più o meno espliticitamente di tradimento. In 24 ore la Lega è passata a Venezia dal 19% delle Regionali all’11 delle Comunali, ma è verosimile che il Carroccio abbia scientemente voltato le spalle al ministro? Potrebbe essere, ma non basta a spiegare lo schiaffo delle urne veneziane. Perchè la Lega avrebbe dovuto appoggiare Brunetta in campagna elettorale, facendo venire a Mestre il gran capo Bossi, e poi non farlo votare? Una cosa del genere non avrebbe senso. Può darsi allora, più semplicemente, che il ministro si sbagliasse quando pensava di fiutare «aria buona» e che gli stessi elettori attratti dal populismo del Carroccio per un voto politico come quello delle Regionali, abbiano preferito comportarsi diversamente ina una consultazione dove conta di più, e molto, l’uomo. Insomma, se veneziani e mestrini gli hanno detto per la seconda volta no in dieci anni, è probabile che si tratti di una scelta precisa e che il «fuoco amico» che avrebbe trafitto il ministro c’entri, ma non più di tanto. Ora Venezia per altri cinque anni sarà governata dal centrosinistra. Sarà un quinquennio denso, nel corso del quale si dovrà tracciare la città del futuro, si dovrà amalgamare ancor di più la laguna con la terraferma, e si dovrà lavorare molto per costruire nuove opportunità di lavoro dopo la grave crisi ancora in corso. I primi segnali lanciati dal grande sconfitto, a dire il vero, sono incoraggianti: Brunetta ha assicurato il sostegno del governo alla città, e non c’è motivo per non credergli. Ma spetta al centrosinistra muoversi. Per la città, non c’è dubbio; ma anche perchè la «lezione di Venezia» possa servire al Paese.

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