Il governatore chiude le porte: "Non ripianerò i debiti"

Luca Zaia ha chiesto a tutti i direttori generali un piano di rientro dai debiti della sanità veneta. Chi non ce la farà verrà mandato a casa
Il governatore Luca Zaia
Il governatore Luca Zaia
VENEZIA. Luca Zaia lo aveva detto subito: tirerò una riga tra passato e presente. E dai conti valuterò l’operato delle persone. Inevitabile partire dalla sanità che da sola mangia l’80% del bilancio regionale. Così è stato: si dice che la lettera del direttore generale dell’Usl 12 sia il primo effetto conclamato della scure minacciata fin da subito dal governatore su eventuali sprechi. Non l’ultimo.


La lettera arrivata ai direttori generali delle aziende sanitarie del Veneto lo scorso 26 aprile - in cui la Regione intimava ai manager di non ascrivere i propri passivi tra i crediti dovuti da palazzo Balbi - sarebbe stata prodotta dall’ex segretario della Sanità Giancarlo Ruscitti, su mandato del neo presidente leghista, a poche ore dal suo insediamento, dando sostanza agli annunci fatti: stop al ripiano delle spese a piè di lista e al rimpallo all’amministrazione regionale dei debiti contratti in maniera arbitraria dai direttori generali. Un concetto che è stato nuovamente ribadito nel faccia a faccia del 18 maggio tra il governatore e i direttori generali, con i manager evidentemente allarmati di fronte alle improvvise richieste avanzate da palazzo Balbi. In quell’occasione Zaia ha chiesto infatti di vedere i bilanci, sollecitando i manager ad adottare precisi piani di rientro per riassestare le loro casse con un criterio che evidentemente il governatore ha giudicato quantomeno elastico.


Se non altro per il decennio dell'era Galan, ovvero dal 2000 al 2008, le perdite accumulate nell’arco di 12 mesi sono sempre state riconosciute dalla Regione con apposite delibere e appianate in maniera pressoché sistematica, anche se non completamente. Di fronte allo status quo, il messaggio del governatore leghista è stato limpido: chi non si uniformerà alle nuove direttive di rientro verrà mandato a casa. Insomma, l’aria è cambiata e anche gli uomini di fiducia dell’ex presidente Galan, se vogliono restare in campo, sono chiamati a uniformarsi alla linea-Zaia.


Il concetto condiviso dal presidente del Veneto con i suoi manager sarebbe stato più o meno questo: non intendo ripianare buchi accumulati nel corso di dieci anni con una gestione che non condivido. Un po’ come dire: non solo è finito il tempo dei fidi illimitati, ma i fruitori del credito sono pregati di rientrare, ché è cambiato il direttore di banca.


Del resto, che ci fossero dei margini di spreco su cui lavorare, lo aveva dichiarato qualche giorno fa lo stesso ministro del Welfare Maurizio Sacconi (Pdl), riconoscendo all’azienda veneziana un doppio primato: quello della più ricca, con 1.919 euro pro capite, ma anche della più spendacciona, con 2.111 euro pro capite. Senonché è evidente che il problema dello scoperto delle Usl riguarda anche altre aziende sanitarie. Del resto, solo a luglio era stato rilevato un passivo di 250 milioni nell’azienda ospedaliera integrata di Verona. Se queste sono le premesse, la prospettiva è quella di veder lievitare il buco della sanità veneta che potrebbe arrivare complessivamente al miliardo di euro. Un passivo decisamente pesante per sperare di mantenere la sanità a livelli di eccellenza assoluta, facendola addirittura entrare tra le Regioni che determineranno i costi standard nella partita del federalismo.

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