Il giallo di Parma
La mattina del 9 febbraio 1986 viene trovato a Parma il cadavere di Carlo Mazza. I primi rilievi stabiliscono che l’imprenditore cinquantaduenne è morto per cause naturali. Ma dopo ventiquattrore vengono trovati due proiettili calibro 6,35 conficcati nel cranio. E’ il giallo di Parma, uno dei casi giudiziari più famosi e discussi degli anni Ottanta.
Protagonista assoluta è Katharina Miroslawa, una ballerina di night, che era l’amante dell’imprenditore ucciso. E’ lei al centro delle cronache dei giornali, è lei ad essere accusata dell’omicidio. Ma non da sola. C’è un’assicurazione sulla vita al centro delle indagini e insieme alla Miroslawa finiscono sotto accusa il marito Witold Kielbasinski, il fratello di lei, Zbigniew Drozdik, e un tedesco di origine greca, Dimosthenes Dimopoulos.
Il processo dura diversi anni. Nel 1993 la Cassazione conferma e rende definitiva la sentenza che condanna tutti gli accusati, ad eccezione di Dimopoulos. Nello stesso anno Witold Kielbasinski dichiara, in un memoriale, di essere la mente dell'omicidio Mazza, scagionando Katharina e Zbigniew, e sostenendo che l’assassinio venne effettuato materialmente da Dimopoulos.
Ancora oggi l'ex ballerina, che sconta la condanna a 21 anni di reclusione, viene difesa strenuamente dai suoi legali, che chiedono una revisione del processo, ed è ritenuta innocente dal leader dell’Italia dei Valori ed ex magistrato Antonio Di Pietro, che ha spesso ribadito di credere alla non colpevolezza della Miroslawa.
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