I migranti di Mira cucinano per la comunità

MIRA. I migranti che si trovano all’ostello di Giare di Mira hanno cucinato per i residenti le loro specialità africane, in segno di riconoscenza verso la comunità che li ospita. Questa la bella iniziativa nel segno dell’integrazione e dell’accoglienza che si è tenuta venerdì sera in un’area verde a Porto Menai a ridosso del canale Novissimo. Un’iniziativa che ha coinvolto una cinquantina di giovani richiedenti asilo provenienti dalla Nigeria.
A organizzare l’evento le associazioni Hilarius in collaborazione con le cooperative “Città solare”, “AltreStrade” e con il patrocinio del Comune di Mira. A Mira sono ospitati 84 migranti in tre posti diversi: l’ostello di Giare, la “Cooperativa Olivotti” in via Nazionale, la Casa San Raffaele della Caritas. La Coop Olivotti accoglie richiedenti asilo; la casa San Raffaele soprattutto persone bisognose di cure, minori non accompagnati e profughi dell’emergenza Nord Africa; all’Ostello arrivano i profughi di Mare Nostrum prima e di Triton adesso.
L’iniziativa è stata aperta da alcune esibizioni di giovani musicisti miresi è proseguita con un buffet realizzato in gran parte dai richiedenti asilo ospitati all’ostello di Giare. Molti dei quali recuperati in mare dall’operazione Triton. I ragazzi hanno risposto con disponibilità ed entusiasmo alla proposta dell’associazione Hilarius di allestire un buffet con ricette tipiche dei loro paesi. Riso, carne, pesce, verdure, fagioli e banane fritte, preparate secondo la loro cultura e tradizione hanno allietato la cena del centinaio di partecipanti. L’iniziativa si è conclusa con la lettura di un testo poetico riguardante l'amicizia, di due ragazzi di paesi diversi.
Anche Paolo Dalla Rocca organizzatore dei gruppi scout della parrocchia di Mira sottolinea l’aspetto di integrazione culturale dell’iniziativa. «In un periodo nel quale l’arrivo degli stranieri è oggetto di allarme sociale oltre che di pregiudizi a Mira», spiega, «si sta riuscendo un po’ alla volta a tessere una rete sociale tra organizzazioni del territorio che non solo previene il disagio ma costruisce una vera e propria realtà di accoglienza. Molti di loro vogliono integrarsi ed essere parte attiva nella vita del territorio, vogliono avere una seconda occasione per rifarsi una vita ma spesso ci sono difficoltà nelle comunità che li accolgono».
Alessandro Abbadir
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