Il primario va in pensione e regala tutte le reperibilità ai colleghi del suo reparto

Antonio Maestri, a capo dell’Hospice del Policlinico San Marco, ha terminato il 31 dicembre l’ultima guardia. «Ho imparato a parlare con i pazienti senza mistificare la realtà, lasciando sempre spazio alla speranza»

Marta Artico
Il primario dell’Hospice del Policlinico San Marco di Mestre, Antonio Maestri, 67 anni
Il primario dell’Hospice del Policlinico San Marco di Mestre, Antonio Maestri, 67 anni

È rimasto a vegliare sul suo reparto fino alle 20 della sera del 31 dicembre, l’ultima guardia dopo aver passato tutte le feste in plancia di comando, il suo regalo di Natale alle persone che hanno condiviso con lui un cammino unico.

Il primario dell’Hospice del Policlinico San Marco di Mestre, Antonio Maestri, 67 anni, colui che forse ha passato più tempo all’interno di un reparto tanto delicato, è andato in pensione a fine anno. Per vent’anni ha consumato il pavimento dei corridoi del quinto piano della struttura sanitaria, entrando e uscendo dalle stanze dei malati, stringendo mani a parenti, diventando punto di riferimento per tantissime famiglie di pazienti oncologici, che in lui hanno trovato una parola di conforto e un grande aiuto, oltre che una buona dose di speranza.

Dottor Maestri, l’ultimo giorno fino alle 20 di guardia in reparto. Non vuole proprio andarsene via?

«È stato un patto con i ragazzi del reparto. Ho fatto tutte le reperibilità dal 23 dicembre fino a ieri, il 31 ho chiuso con la guardia diurna. Ma il primario è sempre stato in trincea».

Cosa l’ha fatta restare così a lungo all’Hospice?

«Perché qui sono sempre stato bene, e poi perché ci sia un primo, è necessario che ci sia anche l’ultimo, e io sono quello. Tutti serviamo, tutti abbiamo un ruolo. Prima che esistessero gli hospice tout court, gli ammalati del mio reparto erano appannaggio delle medicine degli ospedali, dove trovava posto una buona fetta di queste patologie che io seguivo assieme ai miei maestri. Negli anni Ottanta qui facevo l’internista, poi il primario Lorenzo Menegaldo ebbe l’intuizione di realizzare un centro di supporto oncologico, che divenne successivamente un hospice e quando Giampaolo Poles se ne andò, subentrai io».

Immagini generica di due anziani in ospedale
Immagini generica di due anziani in ospedale

Ha visto persone migliorare rispetto a quando sono state prese in carico?

«Non ho visto persone guarire, questo no. Ma ho visto persone tornare dalla famiglia e vivere degli anni a casa propria. C’è un mio paziente che adesso incontro in giro, e che guida la macchina. Fare in modo che una persona se ne possa andare serenamente e senza dolore, circondata dai suoi cari, questo è lo scopo».

Cosa dice ai medici e agli infermieri che si approcciano al reparto?

«I ragazzi che lavorano qui sono davvero tutti molto motivati, attenti e in gamba, il nostro obiettivo è cercare di far si che il paziente non soffra, faccia un passaggio dolce e tranquillo, e ciò aiuta anche i famigliari».

Quanto è importante il dialogo con i parenti del malato?

«A volte è più complesso di quello con i pazienti, perché oggi veniamo in contatto con il lutto da adulti, la stessa morte è un evento più lontano perché fortunatamente la speranza di vita si è allungata».

Lei è credente?

«Non lo so. Non ho deciso. Ma non sono agnostico. Ritengo, come dicevano alcuni filosofi, che ci si debba comportare in modo retto non perché crediamo ci sia qualcosa dopo, ma perché la coscienza di dice di fare del nostro meglio ogni giorno».

Ricorda tutti i nomi e i volti delle persone che le sono passate davanti?

«Un tempo sì. Oggi posso dire che ci sono situazioni che rimangono impresse».

Cosa porta con se adesso che se ne va?

«Il rapporto, appunto, con le persone. L’aver imparato a capire cosa vogliono sentirsi dire i pazienti, a seconda di chi hai davanti, e dirglielo facendo in modo di non mistificare troppo la realtà lasciando spazio alla speranza. Il ricordo dei primari che mi hanno forgiato, come il dottor Ezio Oliboni. Un lavoro che non finisce mai, che non ha orari né sabati e domeniche».

Propositi per il prossimo futuro?

«Per ora ho terminato il turno di guardia. Poi da gennaio, si vedrà. Potrei rimanere come collaboratore, come libero professionista, vedremo».

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