Gru e ruspe, mistero a Santo Spirito Lavori in corso ma senza autorizzazioni

In Comune e in Soprintendenza non c’è traccia di autorizzazioni, né di istruttorie finalizzate alla concessione di pareri sull'attività di restauro iniziata da qualche giorno nell’isola di Santo Spirito
VENEZIA.
Lavori in grande stile, come documentano le immagini sopra. Ma solo per il «consolidamento statico dei ruderi». E’ un piccolo mistero l’attività di restauro iniziata da qualche giorno nell’isola di Santo Spirito, due ettari e mezzo di superficie in laguna centrale, tra il Lido e Poveglia, abbandonata da 40 anni. In Comune e in Soprintendenza non c’è traccia di autorizzazioni, né di «istruttorie» finalizzate alla concessione di pareri. Per trasformare l’isola in un grande albergo e centro ricettivo occorre una Variante Urbanistica che non è mai stata approvata. Ma intanto i nuovi proprietari sono sbarcati.


L’isola è stata messa in vendita dal Demanio e acquistata da un gruppo di imprenditori padovani che fanno capo alla società Poveglia srl. Il rappresentante legale si chiama Lorenzo Fidona, l’impresa a cui sono stati affidati i lavori consolidamento la Edilfer sas di Chirignago. Dopo quasi mezzo secolo di abbandono i cinque fabbricati sopravvissuti allo splendore millenario di Santo Spirito mostrano segni di cedimento pericolosi. Sulle mura dell’isola, quasi tutte rifatte a inizio secolo e in tempi più recenti, campeggia ancora il grande cartello affisso dal Comune: «Vietato l’accesso, pericolo di crolli».


E’ quasi tutta l’attività svolta in quegli anni dal Comune, che aveva avuto l’isola in concessione ma non ha mai avuto i soldi e la volontà di rilanciarla. Adesso nell’isola si vedono due enormi gru, migliaia di nuovi mattoni pronti per la ricostruzione, ruspe e camion che sbarcano sul terrapieno allestito davanti al pontile provvisorio. Della chiesa cinquecentesca progettata dal Sansovino per i monaci Eremitani rimane molto poco. Resti importanti della facciata ovest, le mura perimetrali. Una grande impalcatura la ricopre tutta, come i resti del convento. Impaccato, con tetto provvisorio in legno anche l’edificio sull’angolo nord ovest dell’isola. Cosa succederà adesso? I proprietari dell’isola, al momento dell’acquisto hanno già espresso l’intenzione di trasformarla in grande albergo e centro ricettivo, sull’esempio di San Clemente e Sacca Sessola. Ma la Variante urbanistica non c’è.


Non ci sono istruttorie in corso dell’Edilizia privata, solo un’autorizzazione del Suap per i lavori d’urgenza con parere favorevole della commissione di Salvaguardia per avviare il consolidamento statico. Ma sembra molto difficile che un imprenditore privato spenda qualche milione di euro senza avere la garanzia di poter concludere l’investimento. Il dibattito è aperto. Molte le isole recuperate negli ultimi anni e sottratte all’abbandono. La Certosa, 15 ettari, data in concessione al Comune con la Legge Speciale del 1984, è oggi un centro velico, con officina, centro europeo del Design, prossimo parco urbano. San Servolo un centro congressi e culturale gestito dalla Provincia. Sacca Sessola e San Clemente alberghi di lusso.


Il Lazzaretto Nuovo un centro archeologico gestito dall’Archeoclub, il Lazzaretto vecchio in restauro destinato a diventare museo dell’archeologìa subacquea. A Poveglia invece si pensa a un centro turistico e culturale, ma i lavori sono fermi. Un panorama cambiato rispetto a trent’anni fa, quando le isole minori erano quasi tutte abbandonate e preda dei vandali. Ma un problema è rimasto: come recuperare questi beni pubblici senza renderli a tutti gli effetti un luogo chiuso e inaccessibile.

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