«Emergency non cambierà ruolo»

L'incontro dell'Ateneo con Gino Strada era già in programma prima ancora degli arresti per presunta detenzione di armi di tre volontari di Emergency. Nell'incontro è stato ribadito il ruolo dell'associazione e il desiderio che l'ospedale di Lashkar-Gah, dove erano di servizio i tre volontari italiani arrestati dalla polizia afghana, torni presto in funzione
VENEZIA. La certezza è che il ruolo di Emergency non cambierà e continuerà a salvare vite ovunque sarà possibile. La speranza è che l’ospedale di Lashkar-Gah, dove erano di servizio i tre volontari italiani arrestati dalla polizia afghana, torni presto in funzione. L’Ateneo Veneto aveva in programma un incontro con Gino Strada, fondatore della Ong, ben prima che le cronache nazionali e internazionali se ne occupassero per giorni. A distanza di qualche settimana dal rilascio dei tre volontari fermati per presunta detenzione di armi all’interno dell’ospedale afghano, Strada e il volontario trevigiano Matteo Dell’Aira, hanno parlato di una missione che non teme le minacce.


«Il nostro ospedale a Lashkar-Gah è stato occupato militarmente dai soldati britannici dell’Isaf - ha detto Strada - Cosa ci facevano dei militari in un ospedale? Di questo il governo italiano non se ne è occupato, ma va fatta chiarezza al più presto». «Il nostro obiettivo, adesso, è riprendere a curare i feriti in modo neutrale e indipendente, ma soprattutto capire chi e cosa sta dietro all’arresto dei nostri volontari - continua- sono convinto che non ci siano solo gli afghani».


Gino Strada ha ribadito che la sua Ong - spesso accusata dal mondo politico italiano di curare i taliban, e dunque terroristi - è e sarà sempre al servizio di tutti: «Spesso siamo stati accusati di fare politica dagli stessi politici. Se fare politica significa curare bambini di 3 anni con una ferita da proiettile in testa, allora è vero: facciamo politica». La riflessione all’Ateneo, nell’incontro su «Informazione, guerra e aiuti umanitari» organizzato dall’Ordine dei giornalisti del Veneto, si è poi spostata sul ruolo dell’esercito italiano in Afghanistan che «in una settimana spende i soldi che sono stati spesi per costruire l’intero ospedale», come ha sottolineato il cardiologo del Santi Giovanni e Paolo Gabriele Risica, volontario per Emergency in Sudan.


Prima di essere fermato dalla polizia afghana, Matteo Dell’Aira - l’infermiere originario di Treviso ma residente a Milano, rilasciato dal carcere di Kabul insieme agli altri due volontari arrestati - raccoglieva e divulgava storie e spaccati di vita quotidiana nell’ospedale di Lashkar-Gah: «Alcuni feriti riuscivano a raggiungerci anche 7 giorni dopo essere stati colpiti da un proiettile: una delle zone di scontro era stata blindata per non farli arrivare fino a noi».


«In corsia - ha raccontato ancora - spesso ci siamo trovati a dover aggiungere più letti del dovuto perché continuavano ad arrivare bambini in fin di vita. La guerra è questo, non serve a risolvere le diatribe». E ancora: «Sto bene fisicamente snche se non dormo ancora molto. Psicologicamente non lo so, perchè sono completamente anestetizzato, c’è l’abbraccio di tutti che mi sta coccolando e curando».


«Non c’è alcuna distinzione fra guerra e terrorismo - ha aggiunto Strada - se non per il fatto che i crimini commessi da una divisa non vengono puniti. Con i militari italiani non vogliamo avere rapporti. Noi siamo lì per salvare le vite che loro vogliono distruggere». All’incontro di ieri, in un sala gremita, è intervenuta anche Rossella Miccio, membro del direttivo di Emergency in Afghanistan.

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