ELEZIONI Regionali, Galan: "La nostra terra non sarà ostaggio di egoismo e paure"

"Negli ultimi 15 anni il Veneto è diventato vincente in molti campi, perché ha saputo farsi forte della genialità e dei sacrifici di chi ha contribuito al raggiungimento di un benessere diffuso", dice il governatore uscente
Giancarlo Galan
Giancarlo Galan
Il mio desiderio in questo momento è che ciò che sto per scrivere non venga letto come un congedo o come la presa d’atto di un percorso politico giunto al suo termine. Certamente sta per concludersi un capitolo importante di un’esperienza pubblica che mi ha visto, assieme a molte altre energie politiche e intellettuali, alla guida di una squadra che ha saputo e voluto essere vincente, anche perché, nel corso di un non breve numero di anni, vincente lo è stata per davvero, con il sempre più costante riconoscimento della maggioranza di coloro che vivono e lavorano in Veneto.


Ma non è ad una sola parte della gente veneta che rivolgo questo mio saluto. Se così fosse avrei tradito il senso profondo di un modo di intendere la politica e la pubblica amministrazione vissuto secondo i principi di un credo liberale che non ammette steccati di alcun genere, sia economici che sociali o culturali, né può sopportare i pericolosi egoismi di chi, per conservare ciò che ha, si chiude in se stesso, ponendosi in uno stato di autoisolamento che lo espone al rischio certo di perdere tutto.


Durante l’ultimo quindicennio il Veneto è diventato vincente in molti campi, perché ha saputo farsi forte delle risorse, dei sacrifici, della genialità, della lealtà, della risolutezza, della perseveranza di chi, ciascuno nel proprio spicchio di responsabilità, ha inteso contribuire al raggiungimento di un benessere che da individuale ha saputo e voluto trasformarsi in un bene sociale, cioè in un bene il più diffuso possibile.

Che cosa intendo dire? Che siamo diventati quello che volevamo diventare perché nel Veneto si è dato spazio e ossigeno alle “imprese che pensano” e quindi a tutti coloro che si battono perché la propria vita, quella che si trascorre ogni giorno in azienda, in ufficio, a scuola, in qualunque luogo di normale lavoro o di inimmaginabile creatività, sia una vita vissuta all’insegna del benessere, della qualità, della cultura e della sicurezza, sia individuale che collettiva.


Sapendo che investire nelle imprese che scommettono sulla qualità, sul benessere, sulla cultura, significa riuscire ad andare oltre la crisi che ha colpito anche da noi, che anche da noi ha causato sofferenza, smarrimento, incertezza rispetto al futuro.

Ma quello che abbiamo costruito in questi anni (grandi infrastrutture, dal Mose al Rigassificatore fino al Passante di Mestre, la migliore sanità d’Italia, servizi sociali all’avanguardia, rispetto per il paesaggio e per l’ambiente, attenzione e sostegno alle istituzioni e alle tante energie che si occupano di cultura) ci dà la certezza che dalla crisi usciremo vincenti, perché più capaci di innovare, pertanto più competitivi, con un Veneto non “musealizzato”, né immobile o paralizzato dalle paure, dagli egoismi, dal rifiuto del nuovo. Credo ci sia più di una qualche amichevole curiosità o fiduciosa attesa attorno a quanto sarò chiamato a occuparmi in un assai prossimo futuro.


Ma chi mi conosce sa anche che non mi farò distrarre a lungo da nostalgie o da comprensibili e umanissime emotività da “fine mandato”. Mi auguro che si dia per scontato piuttosto che continuerò ad essere presente in Veneto, politicamente vigile assieme ai tanti amici impegnati, in qualità di leali sostenitori, nel condividere con altri le responsabilità e i programmi del nuovo governo regionale.


Dunque, né distratto né lontano, bensì pronto ad accorgermi di qualsiasi intoppo, di qualunque ostacolo dovesse rallentare o fermare la “corsa” del Veneto verso quanto ci siamo già impegnati a realizzare o che il futuro ci imporrà di fare sulla strada della più avanzata modernizzazione della nostra regione. La mia esperienza di amministratore mi ha insegnato che nessuna legislatura regionale è sufficientemente lunga.


Se si vuole ottenere un determinato risultato, il tempo è breve, passa velocemente e si rischia di restare a mani vuote, con delle promesse non mantenute. Come è noto infatti, i veneti si sono abituati a fare da locomotiva e non saprebbero tollerare di essere costretti a viaggiare nell’ultimo vagone di un convoglio telecomandato da chissà dove e da chissà chi.


Ma ciò che conta adesso è di portarci più avanti di dove siamo riusciti ad arrivare, tutta qui la sfida e l’emozione di vivere in Veneto oggi e domani.

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