«E’ viva». Eleonora salvata dopo 42 ore

L’intervento dei vigili del fuoco veneziani con i cani. «Una gioia immensa»

di Carlo Mion
L’AQUILA.
Le prime parole sono state: «Sono qui. Mamma, papà». Eleonora nel buio con la testa all’ingiù e Claudio con una torcia in mano che la scruta, guarda quella giovane che non risponde alle sue domande. E’ sorda dalla nascita, non può farlo. Due anime in un buco nero con la terra che riprende a tremare. Claudio Ipolito, vigile del fuoco, esce dalla tana per evitare di essere sepolto. Eleonora accarezza per un attimo la vita e ripiomba nel buio. Attimi infiniti. Poi Claudio torna ed Eleonora ritrova l’aria dopo 42 ore.


La storia di Eleonora, rimasta per quasi due giorni sull’orlo del baratro della morte, s’intreccia con l’emozione più forte della vita professionale di Claudio Ipolito. Claudio è un mestrino che vive a Marcon con la famiglia. Da un anno è uno specialista della squadra Usar del comando provinciale dei vigili del fuoco di Venezia. Sono uomini specializzati nella ricerca tra le macerie, in ambiente urbano, di persone. Specialisti con un bagaglio professionale fatto di tecniche di soccorso messe a punto negli Stati Uniti. Ed è la prima volta che intervengono in una situazione di disastro da terremoto.


Claudio è il vigile del fuoco che martedì, verso le 19.30, ha trovato Eleonora, la studentessa ventunenne di Rimini rimasta sepolta dal crollo della palazzina in cui viveva all’Aquila con la sua migliore amica. «I cani erano stati spostati dopo aver scodinzolato. Avevno annusato qualche cosa. Abbiamo iniziato a forare un solaio. Quando sono entrato nel buco ho sentito un lamento, una voce. Ma non ero certo che si trattasse veramente di una voce, poco sopra a dove mi era parso sentire il lamento visto un corpo. Ho dato lo stop». Come dire nessuno attorno a quel cumulo di macerie, alto nemmeno quattro metri e che fino a domenica era una palazzina di quattro piani, doveva parlare, anche i motori delle ruspa sono stati spenti.


Nessun rumore. «Alle mie domande nessuno rispondeva. Ho pensato a quel punto che la mia fosse stata solo un’illusione, la voglia di trovare qualcuno ancora vivo. Poi in un secondo anfratto ho visto qualche cosa che sembrava un secondo corpo. E ancora una volta mi è parso di sentire una voce. Ho parlato ancora, ma non ho sentito risposta. Ho puntato la torcia elettrica verso quel corpo rovesciato all’ingiù. La ragazza si è girata verso di me. Ha pronunciato una prima parola che non ho capito. Poi ha detto: sono qui, mamma, papà, sono qui. L’adrenalina è andata a mille. Mi veniva da piangere. Ha chiesto dell’acqua, le ho passato una bottiglietta e poi le ho allungato il tubo dell’ossigeno». Attimi di vita per i pompieri di Mestre, dopo una giornata passta a trovare e portare alla luce cadaveri.


Mentre Claudio raggiunto anche da alcuni colleghi stava studiando nel buio di quel buco come portare in superficie Eleonora, ecco un botto, una scossa violenta. I soccorritori sono saltati fuori da quel cumulo come gatti. Si sono allontanati. In questi casi devono prima di tutto mettersi in salvo. Devono evitare di finire anche loro sotto le macerie. Sono stati colpiti da calcinacci, da qualche pietra. Nulla di grave.


Pochi attimi perché la situazione tornasse ad un’accettabile normalità e gli «angeli di Mestre» sono nuovamente dentro quel buco. «Eleonora era stata nuovamente ricoperta di calcinacci. Ha nuovamente detto: sono qui. Poi ho capito perché alle mie domande non rispondeva è sorda dalla nascita. A quel punto abbiamo iniziato a recuperarla con due colleghi. Una fase delicata dove sono stati bravi i volontari di Riva del Garda che con le loro ruspe fanno dei miracoli. Spostano una pietra alla volta». Le operazioni sono veloci anche se difficili e con la spada di damocle di altre scosse che potrebbero ripotare dentro a quel buco la ragazza. «E’ stata una gioia immensa, un tuffo al cuore quando finalmente l’abbiamo messa sulla barella spinale. Prima di caricarla sull’ambulanza ci siamo guardati e sorriso con gli occhi».

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