Diciannovenne muore sepolto nel crollo

Cede un muro, operaio edile travolto dai calcinacci. Feriti suo padre e un altro compagno
Venezia
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Quando i pompieri hanno trovato il cadavere di Vitaliy Vasilyyuk, 19 anni, sotto tonnellate di macerie, la prima cosa che i responsabili del cantiere si sono affrettati a dire è che il ragazzo ucraino era al suo primo giorno di lavoro. Chissà se per sottolineare quanto sia stato crudele il destino per lui, o forse perchè non era in regola. Vitaliy è morto ieri mattina mentre verso le 9, con il padre e un’altra trentina di operai, stava lavorando all’interno del cantiere aperto nelle ex Conterie a Murano, la vecchia fabbrica di perle ora destinata a diventare albergo. E’ morto sotto le macerie di un capannone crollato. Il padre e un altro connazionale sono rimasti feriti. Il cantiere è stato sequestrato e in procura è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo.


La giornata per Vitaliy, residente in via Gobbi 300 a Campalto, ieri è iniziata all’alba quando salito sul pullman si è diretto a piazzale Roma. Con lui c’è Jeugenj Ilchuk, 49 anni, pure lui ucraino e residente in via Gobbi col ragazzo. Lì, dove ogni mattina salgono sul vaporetto che li porta a Murano c’è Victor, 45 anni, padre del giovane. Victor vive in via Paruta 20, a Mestre. Tutti e tre lavorano per l’impresa edile «Zani Sas» di cui è titolare l’albanese Xheviar Lumi. La ditta, con sede a Spinea, ha in subbappalto dei lavori nel cantiere alle ex Conterie in riva Longa. L’impresa esecutrice dei lavori è l’«Ex Conterie S.c.a r.l.» di Murano, società consortile composta da Sacaim, Impresa Costruzioni e restauri G. Salmistrari Srl e De Munari Srl.


L’impresa di Spinea ha in subappalto, dalla Sacaim, la messa in sicurezza delle fondamenta dei vari capannoni. Ieri mattina gli operai coinvolti nel crollo stavano lavorano nella messa in opera di una gabbia in ferro alla base del «muro portante centrale di spina» le cui fondamenta erano state portate a nudo per essere consolidate. Lungo tutte le fondamenta era stata scavata una trincea per la posa di una gabbia in attesa della gettata di calcestruzzo. E’ quel muro che collassa e si trascina dietro il resto del fabbricato. Il ragazzo è all’interno dello scavo mentre il padre e l’altro ucraino sono a cinque-sei metri di distanza. All’improvviso il crollo. Praticamente tutto il capannone lungo cinquanta metri, largo trenta e alto dodici, crolla su se stesso. Un boato, una nuvola di fumo e tante grida accompagnano la caduta dei muri e del tetto. Molti degli operai scappano. Victor e il collega Jeugeny rimango incastrati tra pietre, pezzi d’intonaco e travi. Di Vitaliy nessun segno. Il padre piange dal dolore e lo chiama. Ma non riceve nessuna risposta. Invoca aiuto. Gli abitanti della zona quando chiamano i soccorsi parlano di un’esplosione. In una decina di minuti sul posto arrivano i primi vigili del fuoco. Il capo reparto Daniele Rosso è il primo a parlare col padre del ragazzo. L’uomo è disperato per il figlio. Vuole alzarsi per indicare ai soccoritori dov’era il figlio. Ma non può, i vigili lo bloccano. Si teme che abbia lesioni interne. Alla fine Rosso gli chiede il numero di cellulare del figlio sperando che il telefonino funzioni. Quindi telefona a quel numero e lo squillo indica dove il ragazzo è sepolto. Arrivano altri pompieri. Ci sono i carabinieri della stazione e della compagnia di Venezia. Da Mestre è arrivata anche una squadra di cinofili per la ricerca di eventuali dispersi e un carro crolli. Alla fine viene trovato il corpo del ragazzo. Ma purtroppo non c’è nulla da fare. E’ schiacciato dentro la trincea da un pezzo di muro grande quanto una scrivania. E’ morto.


Nel frattempo il padre del ragazzo e l’altro ucraino vengono immobilizzati e caricati con la barella spinale sulle idroambulanze. Al pronto soccorso dell’ospedale civile il primo è stato giudicato guaribile in sette giorni per trauma cranico, l’altro ha una prognosi di trenta giorni per la frattura di una clavicola e contusioni varie. E la strage continua.
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