Detenuti operai nei cantieri a San Marco: «Percorso vincente per il reinserimento»
Detenuti al lavoro per il restauro di Piazza San Marco: il progetto "Seconda Chance" trasforma i cantieri veneziani in opportunità di reinserimento sociale e riscatto professionale
Non solo archeologia e storia, i cantieri di piazza San Marco in questi mesi si sono resi protagonisti anche di un’altra importante funzione: il reinserimento sociale.
Tra gli operai della società Lares alle prese con i masegni ci sono infatti anche due detenuti del carcere di Santa Maria Maggiore.
Il progetto con i detenuti
Entrambi di origini straniere, entrambi con precedenti esperienze nel settore dell’edilizia, i due detenuti sono stati selezionati nell’ambito del progetto Seconda Chance, portato avanti dalla società specializzata in restauri.
«Un’esperienza assolutamente positiva», spiega l’architetto Donata Cherido, rappresentate della Lares e direttore tecnico insieme all’architetto Silvia Boel, «le persone coinvolte in questo progetto hanno tutto da perdere, vengono valutate in base alla loro capacità di fare il lavoro e non alla loro esperienza pregressa».
I risultati di questo progetto sono stati illustrati alla Fondazione Querini Stampalia, nel corso di un dibattito condotto da Alessandro Marinello, collaboratore della Fondazione, che ha presentato i risultati dei progetti realizzati in questi anni dalla società con lo scopo di parlare di restauro in maniera diversa dal solito e coinvolgente.
«Dopo svariati progetti con laboratori teatrali e performance musicali, quest’anno abbiamo deciso di puntare sull’inclusione», spiega ancora l’architetto Cherido, «e proprio in questo senso si inserisce il progetto Seconda Chance.
Due detenuti assunti
Due detenuti sono stati assunti a Venezia in piazza San Marco per il rifacimento della pavimentazione, altri due selezionati nel carcere di Padova per lavorare nei cantieri del Castello dei Carraresi, un altro inizierà a lavorare a gennaio nel Castello di Novara.
Abbiamo trovato persone con grande voglia di riscatto, in un momento in cui certi tipi di lavori non li vuole più fare nessuno».
Dell’esperienza realizzata con Lares parla in termini entusiastici anche Enrico Farina, direttore dell’istituto penitenziario di Santa Maria Maggiore.
«Questo progetto», spiega, «è un pilastro fondamentale nel percorso di reinserimento sociale dei detenuti. Attraverso il recupero e la valorizzazione delle competenze professionali, offriamo opportunità concrete che consentono ai partecipanti di costruire una nuova prospettiva di vita, contribuendo al contempo alla tutela e al recupero del patrimonio culturale della città».
Inserimento sociale e storia
A detta del direttore del carcere di Venezia, questo tipo di iniziativa trasmette ai detenuti il valore del lavoro come strumento di dignità e responsabilità sociale, favorendo un percorso di reintegrazione sostenibile e costruttivo.
«Accanto al progetto con Lares», aggiunge Farina, «abbiamo sviluppato una rete di collaborazioni con aziende del territorio. Quest’anno, inoltre, ben 13 aziende hanno manifestato la disponibilità ad assumere detenuti attraverso i benefici previsti dalla Legge Smuraglia, che incentiva le imprese a offrire opportunità lavorative a persone in esecuzione penale. Siamo consapevoli delle criticità del contesto penitenziario, ma il nostro obiettivo principale è creare una rete solida con il territorio e le istituzioni per superarle».
Nell’ultimo anno, nel carcere di Santa Maria Maggiore sono triplicati i detenuti che accedono al regime di semilibertà e lavorano all’esterno.
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