Crisi, Tomat: "Oggi si naviga nell'incertezza"

L'attacco del presidente degli industriali veneti alla presentazione padovana del Rapporto della Fondazione Nordest
Andrea Tomat
Andrea Tomat
PADOVA. ''Si naviga nell'incertezza, senza riuscire a delineare uno scenario di arrivo e consapevoli che questa situazione non si modificherà a breve''. Cosi' Andrea Tomat, presidente di Confindustria veneta fotografa la situazione delle imprese nel corso della presentazione a Padova del "Rapporto sulla società e l'economia" della Fondazione Nord Est.


La ricerca, secondo Tomat, evidenzia ''un sistema produttivo effervescente, con un atteggiamento pro attivo di fronte alle sfide. Questo sistema - aggiunge - tuttavia risulta prostrato dall'assenza di risposte alla necessità che oramai da troppi anni pone al sistema Paese. Potrebbe apparire un obiettivo minimalista a fronte delle tante riforme epocali annunciate - ammette - eppure, per assicurare un buon funzionamento delle imprese, sarebbe già una conquista se le istituzioni riuscissero a creare un ambiente amministrativo, fiscale, giuridico, infrastrutturale degno di un Paese normale''.


Il Rapporto sul Nord Est mostra in maniera inequivocabile che disillusione è il termine che meglio descrive l'atteggiamento degli imprenditori dell'area nei confronti della politica. Nonostante il ruolo di leadeship raggiunto dall'imprenditoria nel condurre le istanze del territorio, dell'autonomia e del federalismo, la riforma dello Stato e la sussidiarietà, il Nord Est lamenta ancora forti ritardi. Gli imprenditori avvertono la necessita' di rendere il territorio un'area di appeal per risorse nuove, con la crisi, infatti, il 42,1% ritiene che il Nord Est abbia perso di capacità attrattiva e che i problemi principali risiedano nelle difficoltà generate dal sistema

Paese.


"Sono giorni concitati e gravi di incertezza per l'economia: da inizio della crisi, nel 2008, siamo al terzo anno e i fatti la fanno intravedere duratura''. Prosegue il presidente degli industriali del Veneto Andrea Tomat, che individua due sole strade per fronteggiare la situazione: una tesa a sostenere industria e territorio, salvaguardare la coesione sociale in un'area del Paese di riferimento a livello mondiale, l'altra a consolidare gli ammortizzatori sociali, per garantire la tenuta del sistema. ''Sul tema del credito - sottolinea Tomat - in questi giorni assistiamo ad una situazione preoccupante''.


La crisi economica, secondo quanto emerge dalla ricerca, sta ancora mordendo le imprese: aumenta la percezione degli imprenditori del Nord Est nell'essere marginali sotto il profilo economico e politico (19,7%, era l'11,3 nel 2009) e di aver perso di forza economica (39,8%, era al 45 nel 2009). Ma non percepiscono risposte nelle istituzioni: il 43,8% ritiene che il governo Berlusconi stia mantenendo solo in piccola parte le promesse fatte nel suo programma elettorale e il 38,3% non le stia realizzando (in una misura non così diversa rispetto alla

valutazioni espresse nel 2006 verso l'allora esecutivo Prodi: rispettivamente il 36,2 e il 45,8%).


Il principale problema a preoccupare tanto la popolazione, quanto gli imprenditori, è il lavoro: è

una questione che riguarda sia le giovani generazioni che, dopo un rilevante investimento in formazione, cercano un'occupazione che permetta di realizzarsi e gettare le basi per il futuro, ma anche gli adulti espulsi dal mercato, la cui ricollocazione professionale è ancor più problematica. E' quanto emerge dal Rapporto della Fondazione Nord Est. Se poi aggiungiamo che le previsioni degli imprenditori continuano a sottolineare come la ripresa dell'economia non sarà accompagnata da un proporzionale incremento dell'occupazione, è chiaro come venga meno un elemento distintivo del territorio, non tanto sotto il profilo del valore, ma più che altro sulla sua attuazione.


La crisi si fa sentire anche sulla capacità di risparmio. E' nota l'accortezza delle famiglie italiane e, in particolare, di quelle nordestine. Il loro minor indebitamento, l'aver investito su patrimoni stabili e la minore esposizione alla speculazione finanziaria, ha permesso di affrontare la crisi con limitate problematicità. Tuttavia, sottolinea la ricerca, il potere d'acquisto delle famiglie tende a diminuire progressivamente, i consumi si sono fatti più oculati e si è ridimensionata la stessa capacità di risparmio.


La crisi pone molti problemi e crea difficoltà sociali ed economiche, ma nello stesso tempo diventa un'opportunità per progettare un nuovo futuro. Le ferite nel tessuto del Nord Est cominciano così a rimarginarsi e in questo processo è possibile individuare alcuni elementi di novità interessanti. Si conferma l'investimento delle famiglie nell'istruzione dei figli e si assiste a un progressivo ritorno delle scelte scolastiche verso gli istituti tecnici e professionali. Dopo che per lungo tempo le categorie economiche hanno evidenziato il problema della carenza di tecnici, le famiglie e i giovani hanno deciso di orientare le proprie preferenze verso percorsi di istruzione

professionalizzanti e più coerenti con la struttura economica del Nord Est.


Tradizionalmente il Nord Est si caratterizza per una forte partecipazione alle forme associative e volontarie, ma non sempre si dedica la necessaria attenzione a questo mondo, soprattutto considerando la concreta opera di coesione sociale che svolge.  La crisi ha portato a un incremento delle domande, ma non sono aumentate parallelamente le risorse destinate al settore. A fronte di queste difficoltà, però, anche queste entità stanno scoprendo nuove modalità di azione e spazi di mercato, realizzano innovazioni seguendo quanto le imprese profit stanno già realizzando: diversificando i prodotti e i servizi.


Per uscire dalla crisi, le imprese del Nord Est avvertono la necessità di strutturarsi e di crescere di dimensioni per poter competere a livello internazionale. Non è evidente se tale esigenza sia accelerata dalla spinta della crisi, ma sembra che il sistema produttivo si stia "addensando", "concentrando". Analizzando, infatti, i dati sulla demografia delle imprese, pur continuando a rappresentare la maggioranza delle imprese nel 2010, le ditte individuali sono in calo, in termini di numerosità, del 5,7% rispetto al 2006, viceversa le società di capitali risultano in crescita del 15,6% nello stesso periodo. Analizzando, poi, il numero dei lavoratori autonomi e degli imprenditori, nel 2010 rispetto al 2008, nell'industria di egistra una variazione di occupati indipendenti pari a -6,6% nel Nord Est, +2,8% nei servizi. La selezione sul mercato e la competizione internazionale, infine, obbligano le imprese a riorganizzare le proprie filiere e le relazioni distrettuali.


In tema di strategie da mettere in atto per il futuro, dopo anni in cui l'opzione "fare da sé" aumentava - fino a giungere al 31,6% nel 2009 -, dallo scorso anno gli imprenditori invertono

la tendenza - nel 2011 tale opzione scende al 19,0% - e aumenta la propensione a formare consorzi, fare fusioni o acquisire nuove aziende.


Un capitolo a parte riguarda l'internazionalizzazione. Non è un fenomeno nuovo per il Nord Est che, fra i territori del nostro Paese, è il più aperto ai mercati esteri, ma la crisi ha fatto selezione. Pur rimanendo il capofila in Italia con il 47,1% di imprese con reti di relazione sui mercati esteri (38,1% in Italia), nel Nord Est si rileva una flessione rispetto al 2010 quando era il 52,1% (era il 40,1% in Italia). L'aspetto innovativo è legato alle modalità dei processi di

internazionalizzazione, l'accorciamento e organizzazione sistematica della filiera diviene la motivazione principale. Molte realtà nel 2011, si sono dotate di una rete di agenti all'estero o di una rete di filiali commerciali o, ancora, hanno aperto uno stabilimento e/o un ufficio operativo ex novo. Realizzando questi processi le imprese che internazionalizzano coinvolgono i fornitori locali: il 53,1% non li ha sostituiti con soggetti esteri.

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