Consumi fermi, la produttività rimane al palo
La rilevazione «One»: lo scarso dinamismo di salari e stipendi percepito come gap per il Paese. La classe dirigente veneta: redditi più alti stimolerebbero l’efficienza delle imprese
E’ uno dei temi caldi della campagna elettorale, eppure su consumi e redditi la classe dirigente veneta, monitorata attraverso il panel di One, rimane scettica. Il campione consultato dalla Fondazione Nord Est nella sua indagine mensile, infatti, prevede senza molte incertezze - come indica il 68% delle risposte in tal senso - che quest’anno i consumi in Italia rimarranno allo stesso livello del 2007. Un altro 29% ritiene addirittura che i consumi diminuiranno. Solo il 3% degli intervistati, quindi una quota assolutamente minoritaria, si attende per il 2008 un incremento di questa voce.
E’ un verdetto secco, all’insegna della disillusione sulle possibilità di crescita del Paese. Perché in questo alla fine si traduce la staticità dei consumi, come indica il fatto che il 93% del campione si dice «molto» o «abbastanza» d’accordo con le affermazioni del governatore di Bankitalia Draghi, secondo cui «una ripresa della crescita del consumo è fondamentale per il benessere generale, per la crescita del Pil, per la stessa stabilità finanziaria».
Ma quello che viene dalla classe dirigente veneta è un responso che non si ferma alla constatazione di base, perché lascia intravvedere una diagnosi di medio e lungo periodo che riguarda la competitività stessa del sistema economico nordestino. La consapevolezza che, fino a quando consumi e reddito disponibile per le famiglie non godranno di un maggiore dinamismo, il sistema delle imprese venete avrà meno incentivi ad accelerare sul fronte della produttività. Infatti quando al campione di One si chiedono le due principali conseguenze sulle imprese della ridotta crescita di salari e stipendi (si veda la tabella a lato), la «ridotta crescita della produttività» è la prima risposta nel 28,6% e la seconda risposta nel 31,1% dei casi. E tra chi pensa alla ridotta crescita dell’efficienza come principale conseguenza della modesta dinamica salariale, quel 28,6% sale al 34% se si selezionano solo le risposte degli imprenditori veneti. Come dire che l’equazione salari fermi=produttività al palo è opinione comune in primis tra i protagonisti del sistema produttivo regionale.
D’altro canto l’equazione può leggersi anche all’inverso. Vale a dire che, nelle opinioni del panel, solo un forte incremento dell’efficienza potrà consentire quegli incrementi di salari, stipendi e quindi di redditi disponibili ritenuti indispensabili a stimolare la crescita tout court. Lo si evince dal quesito sui comportamenti che potrebbero aiutare i lavoratori a «mantenere o migliorare il tenore di via». La seconda risposta (26% «molto» e 43,8% «abbastanza») è la disponibilità a una «maggiore mobilità territoriale», la terza (14,8% «molto», 43,8% «abbastanza») è l’investimento «in maggiore formazione per puntare a stipendi più elevati». Segue con percentuali decrescenti un’altra risposta di tipo individuale: «puntare ad una quota di utili del loro datore di lavoro contrattando stock options e incentivi».
Ciò che sorprende, però, è che la classe dirigente veneta non sembra ravvisare solo nella «mobilitazione individuale» dei lavoratori la strada maestra per guadagnare e quindi consumare di più. La prima risposta al quesito sui comportamenti adeguati a «mantenere o migliorare il tenore di vita» suggerisce infatti di «puntare ad una rappresentanza più incisiva per la riduzione delle imposte sul lavoro». Così la pensa il 63,5% di chi risponde che ciò aiuterebbe «molto», e il 26% di chi si limita a un più cauto «abbastanza».
La novità insomma è che l’aumento del potere d’acquisto, da perseguire attraverso la via prioritaria dell’alleggerimento del carico fiscale sul lavoro, appare compito della rappresentanza collettiva nel senso politico-istituzionale, più che in senso sindacale. Altrimenti non si comprenderebbe perché il campione releghi al sesto posto la possibilità di «puntare a una rappresentanza più incisiva nella contrattazione dei contratti nazionali», risposta scelta dal 5,4% con un «molto» e dal 37,6% con un «abbastanza».
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