Venezia, una croce sbagliata sul modulo e l’hotel perde una stella: declassato Ca’ Zusto
L'hotel Ca’ Zusto di Venezia perde il contenzioso legale per il ripristino delle 4 stelle e resta classificato a 2 stelle. La battaglia legale era durata sette anni: ecco cosa era successo

Stanze lussuose, specchi dorati, tessuti preziosi e lampade di design, segnalazione sulla guida Michelin. Prezzi che - per la notte del 1 marzo, per una matrimoniale superior - si attestano sui 340 euro.
Arredi e costi non proprio da un hotel a due stelle. Ma è questa la classificazione che la Città Metropolitana ha assegnato all’albergo Ca’ Zusto a Santa Croce, un antico palazzo lussuosamente ristrutturato con affaccio su un campiello dei pressi di Riva de Biasio, declassato nel 2015 dalle 4 stelle che esponeva sul portone sin dall’inaugurazione nel 2008. La “colpa”, non avere un bar: tra le condizioni imprescindibili per poter ottenere la classifica superiore.
La curiosità sta nella battaglia legale che per sette anni ha visto la proprietà Hit Hotels (con gli avvocati Alfredo Bianchini e Francesca Busetto) tentare in ogni modo di riottenere le agogniate quattro stelle: in prima battuta con un ricorso alla stessa Città metropolitana, pensando ad un errore.
Due stelle confermate. Poi addirittura con un ricorso straordinario al Capo dello Stato (richiesta ancora pendente), dopo che - ripristinato il bar nel 2018 - la proprietà si è vista nuovamente rigettare l’upgrade. Quindi con un ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto (perso) e infine con l’appello davanti al Consiglio di Stato, che nei giorni scorsi ha dato il suo verdetto definitivo: due stelle sono e due stelle restano.
Per i giudici amministrativi, infatti, i giudizi sono stati corretti. Ma potrebbero essere il frutto di un banale errore commesso nella compilazione della domanda da parte della società alberghiera, che si è tradotto in una mancanza non più sanabile dal punto di vista delle regole della burocrazia.
Un errore avvenuto quando nel 2018 - riaperto il bar - Ca’ Zusto ha chiesto il «rinnovo- conferma» dell’originaria classificazione a 4 stelle (che d’altra parte appaiono allineate nel sito dell’hotel: non in home page, ma quando si passa alla pagina delle prenotazioni) e «in via subordinata l’attribuzione-rinnovo della classificazione a 2 stelle», conseguente al declassamento.
Una domanda definita «ambigua» dagli uffici metropolitani, che hanno optato per il dato certo: il rinnovo della classificazione a 2 stelle. Per l’hotel, il fatto che nell’atto non si facesse alcuna menzione della richiesta che più stava a cuore - le quattro stelle con le quali fregiarsi della qualifica di albergo di lusso - l’avrebbe reso illegittimo. Tanto più - sosteneva - che sarebbe bastato un sopralluogo per accertare che il bar c’è ed è funzionante.
Ma per il Tar Veneto un «errore nella stesura dell’istanza relativamente all’indicazione delle caselle (relativa al ripristino del bar, ndr)», giustificava il mal digerito declassamento. In quel modulo era stata barrata la casella «nulla variato» rispetto alla precedente situazione e nessuna spiegazione legale è servita a far cambiare idea.
Niente da fare. Anche i giudici di Appello hanno confermato la sentenza di primo grado, sottolineando che la risposta alla prima domanda era arrivata puntuale da parte degli uffici: è la legge che impone alle amministrazioni di rispondere in tempi certi - evidenzia il Consiglio di Stato - «in ogni caso, non potendo rimanere inerte, tranne nei casi limite di palese pretestuosità, alle istanze dei privati». Niente 4 stelle. Non è ammesso barrare la casella sbagliata.
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