Ca' Foscari «guadagna» 1,5 milioni
Atenei in obiezione fiscale, il governo rinuncia al decreto taglia-spese. Il rettore Ghetti: «Ci è stato restituito solo quanto volevano sottrarci»
Quando il governo aveva imposto per decreto a tutte le università di restituire il 20% dei finanziamenti statali, il rettore di Ca' Foscari aveva detto di sentirsi come «colpito da fuoco amico». Oggi - dopo il Consiglio dei ministri che ha cancellato l'odiata gabella - Pierfrancesco Ghetti dice di «aver tirato un bel sospiro di sollievo: per fortuna il governo ha mantenuto le promesse, anche se si è deciso solo all'ultimo minuto». Nel mezzo, mesi di battaglia politico-finanziaria tra atenei e Roma, fino alla decisione dei primi - davanti all'impossibilità di tagliare le spese vive - di optare per l'obiezione fiscale.
Così, la Conferenza dei rettori aveva deciso di far passare la scadenza del 30 giugno: la sola Ca' Foscari avrebbe dovuto restituire 1,5 milioni di eruo all'erario. Ora è pienamente autorizzata a tenerli per sé e utilizzarli per pagarci bollette e fotocopie. Lo stesso, naturalmente, per l'IuaV. «Certo, il cielo è un po' più limpido ora», prosegue Ghetti, «anche se fa un po' sorridere che si debba essere contenti perché ci viene restituito ciò che prima ci era stato “fregato” e non un euro in più, quando le università italiane - almeno quelle che operano meglio e con serietà comprovata - andrebbero maggiormente sostenute, non essere messe spalle al muro. Comunque, meglio così: vedremo nei prossimi giorni, inoltre, l'effettiva portata dei provvedimenti assunti dal governo per quanto riguarda i fondi per la ricerca».
Due giorni prima della sentenza-capestro, il Consiglio dei ministri ha infatti approvato un provvedimento che, oltre a contenere iniziative importanti quali lo sblocco dei finanziamenti per i Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale e il ripristino dell'originaria posta di 110 milioni di euro per il piano triennale, ha escluso le Università italiane dai versamenti relativi alla legge 204/06 Visco-Bersani, che sarebbero dovuti avvenire entro il 30 di giugno e che - di fatto - erano stati bloccati con l'obiezione fiscale dalla Conferenza dei rettori italiani, da mesi mobilitati contro i tagli all'università, che avrebbero parimenti penalizzato le università storiche e virtuose, come dell'ultima ora.
I rettori avevano accusato la legge di violare l'autonomia costituzionalmente garantita alle Università e di metterle nell'effettiva impossibilità di operare: la restituzione del 20% di quanto ricevuto dallo Stato per i cosiddetti consumi intermedi avrebbe significato contatori a regime ridotto per tutto l'anno. Già ai tempi di Tremonti ministro dell'Economia - per restare nei parametri di Maastricht - si era imposto il versamento all'erario del 20% per le spese intermedie. La disposizione era stata reiterata con il decreto «taglia spese» Visco-Bersani, che prevedeva l'obbligo per gli Atenei di restituire al ministero dell'Economia un altro 20% dei finanziamenti destinati al funzionamento delle facoltà.
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