Lista nera del sindaco di Venezia: «Una medaglia essere nell’elenco». Brugnaro: «La Procura viola i miei diritti»

Schedati cronisti, consiglieri, sindacalisti ed ex dirigenti critici: bufera sull’elenco sequestrato. Nel fascicolo anche un articolo de La Nuova Venezia. Protesta l’Ordine dei giornalisti. Ma il primo cittadino attacca: «Non so nulla dei nomi»

Roberta De Rossi e Mitia Chiarin
Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro
Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro

C’è chi considera quasi una “medaglia” essere finito nella lista delle persone controllate per presunte “offese” via social al sindaco Brugnaro, infilata nella cartella “Contenziosi” trovata dai finanzieri nello studio del vicecapo di gabinetto Derek Donadini, tra un plico destinato al contenzioso tra il sindaco e Report e un altro con il giornale “Domani”. Come il sindacalista della Fisac Cgil e presiendente della società dei Carpentieri&Calafati, Cesare Peris, che si dice «felicissimo di esserci», segnalato per un post nel quale dava del «pezzente»: offesa comunque di classe 1, nella graduatoria fino a 5 del foglio Excel con una trentina di nomi e pagine Facebook sotto controllo tra il 2020 e il 2021.

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Il sindaco Luigi Brugnaro

«Una medaglia al petto essere in questa lista e anche con una valutazione alta», commenta l’ex capo ufficio stampa del Comune Enzo Bon, segnalato per i suoi articoli critici su Ytali, valutati di gravità 2-3, «poi dovremmo interrogarci seriamente sui tempi bui che stiamo vivendo, dove esistono ancora liste di oppositori. A dispetto dell’articolo 21 della Costituzione».

Nel fascicolo, anche un articolo de La Nuova Venezia (più volte citata nelle carte dell’inchiesta Palude, per aver pubblicato già nel 2018 le segnalazioni di Claudio Vanin sui movimenti dell’entourage del sindaco per la vendita dei Pili) con un’intervista del settembre 2021 della giornalista Vera Mantengoli alla segretaria metropolitana Pd, Lia Quartapelle, dal titolo: «Non ha interessi? E allora venda i Pili».

Anche la giornalista tedesco-veneziana Petra Reski reputa «una medaglia d’onore trovarmi “schedata” dal sindaco di Venezia per averlo chiamato “grebano”. Sono d’accordo con Marco Gasparinetti: qui non si sa se ridere o piangere, decido di ridere: ho ricevuto solo 1 voto, devo impegnarmi di più».

E proprio la pagina Facebook del capogruppo in Consiglio comunale di Terra e Aqua (come pure quella del gruppo) era tra le più monitorate: «Algoritmo Fucsia una schedatura paranoica e grottesca», commenta Marco Gasparinetti, «a sorprendere è l’attenzione maniacale a chiunque abbia osato criticare il sindaco: basavano parole come maleducato, grebano, arrogante, prepotente. Ma le carte sequestrate negli uffici comunali di viale Ancona sollevano anche un’altra questione: quante e quali risorse (dipendenti comunali) sono state sottratte ad altri compiti per eseguire queste attività? Questa vicenda stride come unghie su uno specchio».

«Liste di oppositori, richiama tempi bui», il commento di Giovanni Andrea Martini, di Tutta la Città Insieme e anche lui nella lista, «che noi consiglieri di opposizione fossimo attenzionati non avevamo alcun dubbio, ma che anche giornalisti come Petra Reski o Enzo Bon, la satira di Venice Goldon Awards o di Giovanni Veronese, è grave».

«Non è la prima volta che l’Ordine stigmatizza questo comportamento», osserva il presidente uscente dell’ordine dei giornalisti, Giuliano Gargano, «diverse negli anni le prese di posizione pubbliche e le missive indirizzate dall’Ordine all’amministrazione. Il primo articolo del testo unico dei doveri del giornalista sancisce che “è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge».

E la Costituzione all’articolo 21 stabilisce che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto , ogni altro messo. Totale solidarietà ai colleghi coinvolti: i giornalisti non arretreranno rispetto al dovere di informare e criticare, elementi di base in democrazia».

«Sostegno a tutti coloro che sono finiti nella lista nera», arriva dal segretario Cgil Daniele Giordano, «mi auguro si verifichi con urgenza come sia compatibile l’attività per redigere quella lista con il codice di comportamento dei dipendenti pubblici». «Una vicenda inquietante e incredibile», il commento del segretario Pd Andrea Martella, «che la dice lunga sullo spirito autoritario che anima il sindaco e questa amministrazione. Solidarietà a tutti i giornalisti, testate, forze civiche e cittadini finiti in questa indegna lista nera».

La difesa di Brugnaro

Da Mestre Luigi Brugnaro va all’attacco e ribadisce non solo la richiesta di archiviazione della sua posizione nell’inchiesta Palude. È il giorno dopo il deposito in Procura delle memorie difensive del sindaco e dei suoi più diretti collaboratori, Morris Ceron e Derek Donadini, in cui si contesta sia la nullità delle indagini dei pubblici ministeri veneziani sia che i progetti costruttivi sull’area dei Pili non provenivano dagli uffici del sindaco ma solo dal grande accusatore, l’imprenditore Claudio Vanin.

Luigi Brugnaro adesso passa all’attacco, contro i magistrati parlando di «accuse infondate» basate su un testimone «inattendibile» e minimizza pure la vicenda dello schedario con i voti a chi lo ha in questi anni contestato. Vicenda che Brugnaro ha spiegato in questo modo.

«Non ho nulla da commentare. Abbiamo un avvocato che sta raccogliendo il materiale per quando avrò finito di fare il sindaco per denunciare per diffamazione tutti quelli che in questi anni che mi hanno attaccato. Qualcuno avrà segnato i vari casi per poi passarli all’avvocato. Quando sarà, vedremo come agire. Credo sia questo l’elenco di cui si parla, che io non conosco, e che hanno fatto i miei tecnici e lo continueranno a fare, ed è giusto, per avere una memoria di cosa ho subito io per aver voluto cambiare questa città».

Perché, dice, «io non sono disposto ad essere offeso gratuitamente».

E sulla memoria difensiva, ribadisce. «Chiedo l’archiviazione. Sono abbastanza rimasto sconvolto nel vedere come è stata gestita questa inchiesta dai pubblici ministeriali. Sono inquisito e i miei diritti sono stati violati: un anno e dieci mesi in più rispetto a quanto prevede la legge; sono stati violati i diritti costituzionali di una persona».

E sul supertestimone dell’accusa Claudio Vanin non la manda certo a dire: «Nelle carte che abbiamo visto, che hanno guardato con precisione gli avvocati ci sono contraddizioni incredibili. Ma è chiaro che non c’è stato mai alcun accordo del genere».

L’amarezza finisce con il diventare una accusa diretta nei confronti della Procura e dei magistrati che indagano sulla “Palude” in laguna.

«Mi amareggia che i procuratori vadano dietro a vicende simili ...», dice. E poi continua: «Non è che qualcuno ha paura di gente che è indipendente?».

Sulla inchiesta, ma senza riferimenti diretti, Brugnaro torna anche durante una inaugurazione a cui ha partecipato. «A metterci la faccia si rischia. In Italia fare le cose è rischioso, per cui il messaggio ai politici è “non fate niente perché rischiate sempre di finir dentro”. Ci vogliono degli imprenditori che mettono i soldi, e i politici e gli amministratori che li seguono», si è sfogato.

Brugnaro ha sostenuto di essere «orgoglioso del lavoro che ho fatto, nella difesa dell’interesse pubblico. Ricordatevi di me che ci ho messo la faccia, ci ho messo tutta la mia vita. Per difendere questo lavoro ci vuole qualcuno che non ha un interesse diretto, che invece ha capito che questa è la strada per il futuro del paese: il lavoro, quello faticoso».

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